Apr 12, 2018

Storia di un ferro vecchio. Anzi, di un ferraccio!

Al centro del palco ci sono due protagonisti noti e arcinoti. Eccoli qui, il signor ferro e il signor carbonio. Cosa fanno insieme? Bella scoperta: una lega!
È una lega di cui, però, non abbiamo indagato ancora tutti gli aspetti. Quando si parla d’acciaio è d’obbligo nominarla, anche solo per ragioni di parentela.

Lega ferro-carbonio (o lega ferrosa) con tenore di carbonio relativamente alto (superiore al 2,06% e inferiore al 6,67%, che è il valore di saturazione) ottenuta per riduzione o comunque trattamento a caldo dei minerali di ferro, la ghisa è sempre stata guardata con sufficienza. Ed è risultata perdente nel confronto con l’acciaio dolce, materiale di qualità e lavorabilità effettivamente superiori.

Così mi sono detto, perché non vedere da vicino la storia di di questo sorpasso, perché non mettere in fila qualche notizia su quello che fino all’Ottocento è stato chiamato con un dispregiativo. Ed eccola qui allora, la storia del “ferraccio”.

‘Ghisa’ o ‘gusseisen’: non oro, ma ferro colato

Il termine italiano ‘ghisa’ rivela una chiara relazione con il tedesco ‘gusseisen’, che significa ‘ferro colato’… Oltre 1000 anni prima della nascita di Cristo, nel bacino del Mediterraneo, riscaldando direttamente dei minerali ferrosi con carbone di legna in forge rudimentali si tentava già di produrre la ghisa. In Europa questo materiale appare molto più tardi, e solo in casi sporadici. Saltuariamente, infatti, i forni riuscivano a superare la temperatura di fusione minima della combinazione ferro-carbonio con presenza di carbonio del 0,81%, che si colloca attorno ai 750 °C .

Il punto è che il  “ferro” si produceva prodotto direttamente come “acciaio”, visto che il carbonio incombusto presente nel carbone di legna si combinava con il ferro.  Nelle montagne sopra Bienno, in Val Camonica, nel Bresciano, il ritrovamento di un forno dotato di un massello di “ferraccio” databile al 700 d.C. dimostra come i forni fossero tecnicamente progrediti e in grado di superare i 900 °C sfiorando i 1200 °C.

Per buona parte del Medioevo nell’Europa occidentale la produzione siderurgica continuò a fondarsi sulla battitura delle spugne ottenute nei bassiforni. La massa arroventata e spugnosa prodotta veniva percossa (il che spiega la presenza di magli in prossimità di corsi d’acqua), fino ad espellere le impurità minerali contenute. Nel corso di questa operazione, detta “puddellaggio”, le numerose operazioni di ripiegatura cui era sottoposto l’acciaio favorivano la formazione di fibre.

Sottoprodotto indesiderato della produzione della spugna di ferro in bassoforni particolarmente efficienti, la ghisa trovava un un limitato utilizzo (insieme al ferro dolce) nella produzione dell’acciaio a pacchetto. Il progressivo lavoro di affinamento, compiuto in diverse parti d’Europa, dei metodi di costruzione dei forni, portò ai forni “a torre”.  In Svezia, a Lapphyttan e Vinarhyttan, sono stati ritrovati due antenati dei moderni altoforni, databili tra il 1150 ed il 1350.

I forni a cupola per la produzione della spugna metallica dovevano essere distrutti una volta conclusa la combustione, mentre i cosiddetti “Stuckofen”, forni “alla norvegiana”, e forni “alla bresciana” potevano lavoravano senza soluzione di continuità consumando, oltretutto, meno combustibile. Si parla di un consumo quotidiano di 3000–3200 kg di carbone di legna per una produzione di 1300-1500 kg di ghisa.

A diminuire il pregio della ghisa, peraltro ottimo materiale da fonderia, erano le scarse qualità meccaniche. Cionostante, alla fine del XIV secolo cominciò a nascere un certo interesse per questo materiale, idoneo alla produzione di cannoni e palle da cannone. Così cominciò ad essere prodotta in varie parti d’Europa in forni a torre che usavano il carbone di legna come agente riducente.

I primi importanti sviluppi delle ferriere si ebbero in Inghilterra. La penuria di legno indusse a utilizzare carbone minerale (carbon fossile). In seguito il carbon fossile fu trasformato in coke con l’eliminazione dell’aria, e la quota di zolfo diminuì. Nel 1709, Abraham Darby riuscì per la prima volta a produrre ferro tramite combustione a coke. A partire soprattutto dalla seconda metà dell’Ottocento la ghisa divenne la risposta a un bisogno sempre più incalzante, conseguenza del fatto che le città andavano espandendosi e rinnovandosi. La ghisa contribuì a trasformare il volto delle città divenendo il simbolo per eccellenza dell’industrializzazione.

Nel continente, le prime fonderie si trovano in Prussia. La fonderia di Gleiwitz fu fondata nel 1798 e diventerà un’importante fonderia per la fusione artistica. In Germania la massima maturità artistica fu raggiunta nella ferriera di Berlino, in cui operavano artisti del rango di Karl Friedrich Schinkel. che era letteralmente affascinato dalla ghisa e dalle sue possibilità tecniche.

In Francia le fonderie si diffusero soprattutto nel bacino della Haute-Marne dando luogo a una produzione di alta qualità artistica che prese piede in tutto il mondo. Anche in Italia si consolidò una produzione di cui conserviamo alcune prestigiose testimonianze; ricordiamo in particolare le fonderie di Follonica e la fonderia del Pignone, entrambe toscane.

La fusione artistica in ferro subì intorno alla fine dell’Ottocento un vistoso declino, connesso con l’incipiente mutamento di stile, il cattivo uso del materiale e la perdita di qualità che ciò comportava. A partire dagli anni Novanta del novecento è disponibile industrialmente il processo Corex che può sostituire l’altoforno introducendo numerosi vantaggi (tra cui l’eliminazione della cokeria).

Come si produce la ghisa?

La produzione della ghisa avviene generalmente per riduzione degli ossidi di ferro mediante combustione di carbone a contatto degli stessi, in apparecchiature chiamate altiforni. Il minerale viene disposto a strati alternati con carbone a basso tenore di zolfo (solitamente coke) ed il ferro contenuto nel minerale, quando raggiunge lo stato fuso, cola verso il basso raccogliendosi in appositi contenitori.

L’altoforno viene caricato dall’alto con una miscela di coke, minerali di ferro e calcare. Il calore sviluppato dalla combustione del coke, favorita dall’alta temperatura (fino a 870 °C) di un getto d’aria calda che investe dal basso e attraversa la carica, innesca una reazione chimica fra il carbonio del coke e l’ossigeno degli ossidi di ferro che costituiscono i minerali.

Il ferro, liberatosi dai minerali, si lega con una parte di carbonio e forma ghisa fusa, che cola verso il basso. Periodicamente la ghisa viene estratta dal fondo, mentre un diverso canale di scolo permette di recuperare le scorie per avviarle a fasi successive del ciclo siderurgico.

In passato, la fusione della ghisa avveniva solo in terra. Poi si è passati alla fusione in conchiglia; oggi si è arrivati alla colata continua, da cui si ricava la ghisa che è denominata anche ghisa idraulica.

Per le caratteristiche di grande fluidità, la ghisa è usata in larga misura nella produzione di getti di fusione. Le barre a colata continua, grazie alla loro estrema compattezza ed assoluta assenza di soffiature, si presentano qualitativamente ottime. Il procedimento di colata continua permette di ottenere una barra di profilo costante, accuratamente fusa, ed inoltre le caratteristiche meccaniche risultano nettamente superiori, a parità di lega, a quelle di una tradizionale fusione in terra.

Questo tipo di ghisa, come dice il nome, si può usare nella produzione di valvole e componenti idraulici senza il rischio di riscontrare trafilamenti del fluido idraulico a causa delle soffiature.

Classificazione dei vari tipi di ghisa

Con il termine ghisa si fa riferimento ad una famiglia di leghe ferrose composte principalmente da ferro, carbonio  (2.11 ÷ 4.5%) e silicio (fino a 3.5%). Il tenore di carbonio presente corrisponde alla massima solubilità del carbonio nella fase austenitica.  La presenza in lega di altri elementi quali il cromo, il molibdeno e il vanadio, porta alla formazione di carburi che, pur aumentando la resistenza e la durezza, riducono la lavorabilità.

La prima classificazione delle ghise ne aveva individuato 2 tipi diversi: la ghisa grigia e la ghisa bianca. Oggi, i criteri di classificazione delle ghise sono molteplici, dall’aspetto della fratture, ai costituenti microstrutturali, a proprietà particolari, sebbene in genere sia preferibile una suddivisione in base alla morfologia di solidificazione e alla microstruttura. Eccola qui di seguito:

Ghisa greggia (madre o di prima fusione)

Lo scopo principale dell’altoforno è quello di produrre la ghisa

“madre”, chre contiene elevate percentuali di carbonio ( % C da 4 a 6 % ).

Fuoriesce alla temperatura di 1330 ÷ 1380°C dal foro di colata del crogiolo, attraverso un canale di colata ricavato su sabbia refrattaria. Ha la seguente composizione media:

Elementi %
Carbonio 3 ÷  4
Silicio 1 ÷ 3
Manganese 1 ÷ 2
Fosforo 0,3 ÷ 2
Zolfo 0,1 ÷ 0,2
Ferro Il resto

 
Il fosforo e lo zolfo sono elementi dannosi perché iconferiscono fragilità alla ghisa.

Lo zolfo è particolarmente nocivo perché fa anche aumentare il ritiro, diminuisce la colabilità, provoca soffiature. Il fosforo, in percentuale inferiore all’1,2 %, può essere utile perché aumenta la fluidità della ghisa che, quindi, risulta adatta per produrre getti di piccolo spessore.

La ghisa madre ha una delle seguenti destinazioni:

  • in acciaieria, per mezzo di carri-siluro, dove viene trasformata in acciaio;
  • in fonderia, per mezzo di grossi secchioni, per ottenere dei getti;
  • in piccole fosse di sabbia silicea (dove si raffredda lentamente) o in conchiglie metalliche raffreddate a pioggia d’acqua (dove la ghisa si raffredda velocemente), formando dei “pani” che poi saranno rifusi in un altro stabilimento.

Ghisa (o di seconda fusione)

Si ottiene rifondendo in apposito forno, la ghisa di prima fusione, con aggiunta di

rottami di ferro ed altri elementi. Si suddivide in ghisa bianca e ghisa grigia.

■ Ghisa bianca
il carbonio è sotto forma di Cementite Fe3C. Nelle ghise con contenuto minore del 2% di silicio, raffreddate rapidamente, la maggior parte del carbonio si trova combinato sotto forma di cementite piuttosto che di grafite. La superficie di frattura appare  bianca. Data la gran quantità di cementite che contiene, la ghisa bianca è molto dura ma anche molto fragile, tanto che è impossibile lavorarla alle macchine utensili. Il suo impiego è limitato alle applicazioni in cui si richiede una superficie molto dura e resistente all’usura ma priva di duttilità, come macine di mulini e ruote di treni. In genere, comunque, la ghisa bianca è usata come intermediaria nella produzione della ghisa malleabile.

■ Ghisa malleabile
La ghisa malleabile è ghisa bianca riscaldata a lungo ad una temperatura compresa tra 800 e 950 °C, a contatto di sola sabbia (per prevenire l’ossidazione del C), entro recipienti refrattari. La ricottura, senza decarburare di molto la ghisa, provoca la separazione del C grafitico in noduli distribuiti con uniformità nella massa. Il processo è detto a cuore nero ed è applicato su oggetti anche di spessore elevato (fino a 20-25 mm). Tipiche applicazioni sono ingranaggi di trasmissione, flange, parti di valvole, raccordi filettati per tubazioni o altri pezzi meccanici che richiedono una buona resistenza a trazione e tenacità.

■ Ghisa grigia
Si suddivide a sua volta in ghisa lamellare e ghisa sferoidale. In queste ghise, le meno costose fra tutte quelle prodotte, la grafite esiste sotto forma di lamine circondate da una matrice ferritica: queste stesse lamine di grafite conferiscono alla superficie di frattura il caratteristico colore grigio. Dal punto di vista meccanico, la ghisa grigia presenta bassa resistenza a trazione ed è fragile: infatti, le estremità delle lamine di grafite sono appuntite e possono agire come punti di concentrazione delle tensioni. La resistenza a compressione è abbastanza elevata. Alcune caratteristiche positive delle ghise grigie garantiscono loro largo impiego: esse sono molto efficaci nello smorzamento delle energie vibrazionali. Le strutture di base di macchinari pesanti, esposti alle vibrazioni, sono costruite con questa ghisa. Inoltre, le ghise grigie presentano elevata resistenza all’usura e allo stato liquido hanno un’elevata fluidità alla temperatura di colata: ciò fa sì che i pezzi ottenuti possano avere anche forme molto complicate. La contrazione, poi, al raffreddamento, è bassa.

■ Ghisa lamellare
il carbonio è sotto forma di Grafite Lamellare

■ Ghisa sferoidale ( o nodulare o duttile)
il carbonio è sotto forma di Grafite Sferoidale.  Una piccola quantità di magnesio e/o di cerio aggiunta alla ghisa grigia prima della colata nello stampo, dà luogo alla formazione di grafite, non sotto forma di fiocchi, ma di noduli o particelle sferiche. Pur dotata di quasi tutti i pregi delle ghise grigie lamellari, la ghisa duttile ha caratteristiche che si avvicinano a quelle dell’acciaio. Per esempio, la ghisa duttile ferritica ha una resistenza alla trazione di circa 380-480 MPa e una duttilità (espressa come percentuale di allungamento) del 10-20%. Con queste ghise si possono colare getti complicati che si lavorano bene alle macchine utensili. Tipiche applicazioni di questo materiale sono valvole, corpi di pompe, ingranaggi.

Principali impieghi delle ghise

Composta in prevalenza di ferro e carbonio, la ghisa dà luogo a un prodotto resistente, anche se fragile agli urti, che non potendo essere forgiato né a freddo né a caldo viene ottenuto solo tramite fusione.

L’impiego principale della ghisa è quale intermedio nella produzione di acciaio, che si ottiene per decarburazione della ghisa in apparecchiature (convertitori) in cui viene insufflato ossigeno (o aria): questo, combinandosi con il carbonio, ne riduce il tasso nel metallo fuso e viene evacuato come anidride carbonica.

La ghisa fusa in colata continua è ampiamente impiegata in diversi settori perché è resistente all’usura, è fono assorbente, attutisce le vibrazioni, è molto resistente alla corrosione poiché allunga la qualità ed affidabilità nel tempo dei componenti.

Ecco i diversi campi di applicazione che vedono un ampio utilizzo della ghisa:

  • idraulica oleodinamica e pneumatica,
  • macchinari e macchine utensili,
  • industria dell’automobile,
  • fluidi: pompe e compressori,
  • industria del vetro,
  • macchinari per l’acciaio.

A differenza del ferro battuto, che per ogni pezzo prodotto richiede l’abilità manuale dell’artigiano, la ghisa , essendo fusa, consente la riproduzione del medesimo esemplare in più copie, del tutto identiche l’una all’altra. Grazie a questa caratteristica, l’impiego della ghisa ha potuto diffondersi con successo, andando a sostituire altri materiali, come il legno e il marmo.

A differenza dell’acciaio, che può essere modellato in prevalenza solo per forgiatura (a temperatura di fusione si liquefa, ma resta notevolmente viscoso, quindi può essere fuso solo in forme semplici), la ghisa, per le caratteristiche di grande fluidità alla temperatura di fusione, è usata, in larga misura, anche nella produzione di getti di fusione.

Questi consistono nel realizzare la forma negativa di quanto si vuole ottenere e con la successiva colata della ghisa liquida nello stampo che, andando a occupare la parte vuota, assume la forma desiderata. Le fusioni in ghisa con materiali di qualità, a motivo di tale notevole fluidità, permettono la realizzazione di forme complesse e dettagli minuti. Il raffreddamento dei getti influenza la struttura della ghisa, che risulta bianca o grigia a seconda che il raffreddamento sia stato rapido o graduale.

Caratteristiche della ghisa

Vorrei concludere il nostro viaggio intorno alla ghisa mettendone in luce quelle proprietà che ne fanno senza alcun dubbio un ottimo materiale in fonderia.

Lavorare a stretto contatto con questo materiale insegna che la ghisa offre:

  • elevata lavorabilità alle macchine utensili;
  • buona resistenza all’usura e alle sollecitazioni termiche;
  • buona colabilità.

Non va dimenticato che le proprietà risentono dell’influenza degli elementi leganti che sono il silicio, il manganese, il fosforo, lo zolfo, il molibdeno, il nichel e il cromo.

  • Silicio: favorisce la formazione di carbonio grafitico, migliora la lavorabilità alle macchine utensili e abbassa la temperatura di fusione rendendo la lega più fluida.
  • Manganese: favorisce la formazione di carbonio sotto forma di cementite; esplica un’azione desolforante; provoca un aumento del carico di rottura e della durezza, infine esalta la capacità di tempra.
  • Fosforo: influisce sulla temperatura di fine solidificazione e aumenta la colabilità della lega; riduce fortemente le proprietà meccaniche di resistenza e resilienza.
  • Zolfo: questo elemento ostacola la formazione della grafite; provoca risucchi e soffiature ed infine influenza negativamente le proprietà meccaniche e tecnologiche.
  • Molibdeno: favorisce la tempra; riduce la possibilità di criccature e distorsioni.
  • Nichel: diminuisce la sensibilità allo spessore e migliora la resistenza all’usura.
  • Cromo: migliora la resistenza meccanica e diminuisce la velocità critica di raffreddamento migliorando la temprabilità.

Ghisa e trattamenti termici? Rivolgiti a SteelBetter

Vale per la ghisa, focus di queste righe, quello che vale per altre leghe: un trattamento termico corretto può notevolmente migliorare le caratteristiche d’uso. E intendo in aspetti importanti come stabilità, durezza e resistenza all’usura. Quando si tratta di ghisa, i trattamenti più richiesti sono la ricottura di distensione, la ricottura di ferritizzazione e – naturalmente – la tempra.

Condividere le informazioni che ho qui esposto è il nostro particolare approccio alla richiesta che può arrivare da un cliente. Voglio che tu sia completamente in grado di operare la tua scelta e che possa affidarti a noi – cosa che ovviamente mi auguro – pienamente convinto di fare la cosa giusta per il tuo prodotto. Per arrivare a questo devi appoggiarti a chi conosce bene i materiali e meglio i processi.

Abbiamo parlato tanto di ghisa, della sua storia, degli impieghi, delle caratteristiche. Ma sappiamo anche passare ai fatti. Operativamente, ad esempio, noi non possiamo prescindere dal fatto che le ghise sono costituite da una matrice comparabile a quella di un acciaio. In questa matrice sono distribuite delle lamelle o degli sferoidi di grafite (se ho a che fare con ghise grigie) o dei carburi (se invece ho per le mani ghise bianche).

Posso trattare la matrice secondo i principi validi per gli acciai? Ni!

Ecco perché avere  a disposizione un tecnico che sa il fatto suo fa la differenza.
Allora, se ci incontrassimo potrei spiegarti di persona che sì, i principi dell’acciaio valgono in linea generale, però nel caso della ghisa mi conviene tener presente che:

  • la grafite ed i carburi sono delle riserve di carbonio che, messo in soluzione durante il riscaldamento, può portare alla saturazione in carbonio della matrice (che si trova essenzialmente allo stato austenitico).
  • durante il raffreddamento l’ustenite si può impoverire in carbonio per la precipitazione di grafite o di carburi.
  • la matrice delle ghise si trasforma come un acciaio il cui tenore in carbonio cambia durante il trattamento, per cui
    • nelle condizioni convenienti di temperatura e di permanenza, la cementite (metastabile) può trasformarsi in grafite (stabile).
    • per le ghise a grafite lamellare, una severità troppo importante del mezzo di tempra può portare a degli incidenti di tempra non accettabili: per tale ragione si ha l’esclusione della tempra con acqua per le ghise.

Ho reso l’idea? Se ho reso l’idea, sappi che sono pronto a chiarirti le idee o a orientarti verso la scelta più conveniente per te! Noi facciamo trattamenti, ma ogni caso, ogni prodotto e ogni cliente portano esigenze diverse. Prendi in mano il telefono, scrivi o fai un salto in azienda. In tutti i casi mi trovi, prenditi un attimo per valutare la soluzione che ti ‘cuciremo addosso’.

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