Feb 27, 2018

Si deforma o si rompe? Dipende dalle proprietà meccaniche!

Come si comporterà quel pezzo? Che sorprese devo aspettarmi dal materiale? È adatto o no all’impiego che ho in mente? Come conosco le sue proprietà? l’ho comprato, e adesso? Vado in produzione senza testarlo?

Questioni quotidiane ma mica da poco per chi lavora nel mondo del metallo, dove dev’essere la conoscenza delle proprietà meccaniche a guidarci nella scelta del materiale è più adatto per un determinato utilizzo.

Inutile chiedersi ‘chissà’ come si comporterà questo o quel componente. Perché sappiamo benissimo che questi comportamenti variano in funzione

  • del tipo di materiale con il quale sono realizzati
  • della geometria (forma e dimensioni),
  • delle condizioni fisiche e chimiche (temperatura, ambiente, velocità di applicazione del carico ecc)
  • del tipo di sollecitazione cui sono sottoposti… e ti metto subito la pulce nell’orecchio: quanto ne sai, ad oggi, della resilienza del tuo acciaio?

Sollecitazioni: mai senza; però c’è la resilienza

Quando un materiale subisce una sollecitazione – cioè sempre, mentre è in esercizio può rispondere:

  • in maniera elastica (ad esempio deformandosi in maniera reversibile)
  • in maniera inelastica (fino a rompersi).

Pensiamo a caschi, paraurti… solo due esempi, ma ce ne verrebbero subito a decine, di pezzi in cui a partire dalla progettazione fino ad arrivare alle lavorazioni finali bisogna mettere in atto tutti gli accorgimenti giusti per la resistenza ad impatto!

Per definirne il campo ed i limiti di impiego i un materiale, devo poter disporre di informazioni standardizzate sui materiali che sono necessarie

Si tratta di proprietà che vengono indagate e determinate tramite opportune prove (ad esempio prova di trazione e compressione), generalmente standard e irripetibili.

Da dove vengono questi standard, ripetuti in occasione delle prove meccaniche? È un ambito in cui nulla è lasciato al caso. Esistono degli appositi organismi di normalizzazione: ASTM International, Deutsches Institut für Normung (DIN), Comitato europeo di normazione (EN) e Organizzazione internazionale per la normazione (ISO).

Ad ogni sollecitazione la “sua” proprietà

Le sollecitazioni ci sono sempre, ma mica sono tutte uguali.  Le proprietà meccaniche, infatti, si determinano rispondendo puntualmente alle diverse tipologie di sollecitazione:

  • statiche: quando vengono applicate in modo graduale e per un tempo abbastanza lungo, per esempio: forze applicate a funi, a macchine di sollevamento. E qui risponde la resistenza meccanica ;
  • concentrate: quando vengono applicate su una superficie molto piccola (puntiforme). E qui risponde la durezza;
  • d’attrito: si generano tra due corpi mobili fra loro striscianti (attrito radente) o rotolanti (attrito volvente). E qui risponde la resistenza d’attrito ;
  • periodiche: quando si ripetono ciclicamente nel tempo con frequenza elevata. E qui risponde la resistenza alla fatica.
  • dinamiche: quando vengono applicate in un tempo molto breve (come nel caso di un urto oppure nella martellatura all’incudine). E qui risponde la resilienza.

Brevi storie felici di manufatti

Prendi una molla ( ma vale anche un ammortizzatore): il suo destino è essere sottoposta a continue sollecitazioni dinamiche o periodiche. Che fare? Ma è molto semplice! Per avere una molla felice e longeva la costruisco con un materiale che abbia un’elevata resistenza alla fatica (se non ti viene in mente suggerisco: acciaio ad alto tenore di carbonio).

Prendi, invece, i pattini del freno: durante l’utilizzo continuamente sottoposti a  forze di metalli, come del resto i cuscinetti. Non ho scelta, devo dirigermi su un materiale con elevata resistenza d’attrito (ad esempio, bene i materiali sinterizzati).

Mai sentito parlare di “impact strength”?

Eh sì! Quelli bravi ne parlano così. Per loro, tecnicamente è “impact toughness” or “impact strength”.  Io scrivo come mangio, e spero che questo ci metta tutti a nostro agio. In italiano si chiama “resilienza”, e ne ho appena fatto cenno.

È quella proprietà che risponde quando ci sono sollecitazioni dinamiche. Infatti ci interessa proprio, ma facciamo prima a dire che è vitale, per quegli oggetti o componenti destinato ad essere soggetti ad impatto durante la loro vita in esercizio.

Di cosa si tratta? Un ingegnere ne parlerebbe come della capacità di un materiale di resistere a forze dinamiche, ovvero ad urti, fino al raggiungimento di una tensione in grado di deformare in modo permanente il materiale (ovvero sino al raggiungimento del limite elastico).

Nessun materiale, però parla. Come puoi verificare la presenza della preziosa proprietà della resilienza? C’è un modo per sapere quanta ce n’è nel tuo materiale? Vediamo punto per punto come procede quest’indagine. Vediamo come si può arrivare a sapere quanto un metallo, nel nostro caso verosimilmente l’acciaio, contrappone resilienza all’urto.

Come si testa la resilienza sui metalli

  1. Finalità
    Scopo della prova è la determinazione delle fragilità di un acciaio a determinate temperature. Si sottopongono a prova di resilienza provette ricavate da profilati, scatolari, lamiere.
  2. Norma di riferimento
    La norma di riferimento è la UNI EN 148/1 Resilienza Charpy (impact test);
  3. Modalità esecutive
    • Ci si accerta che la provetta sia conforme a quanto previsto dalle Norme UNI 4431 e 4713.
    • Servendosi del calibro, lo sperimentatore misura la provetta e registra i risultati.
    • Se la prova dev’essere effettuata a freddo, lo sperimentatore sistema nella cella frigo le provette e posiziona il reostato della cella a –20 °C; dopo circa ½ ora controlla la temperatura della cella per verificare che sia uguale al valore imposto. Se lo è, dopo ½ preleva le provette dalla cella.
    • Si accende la macchina e si blocca la massa battente nella posizione di partenza, si colloca la provetta con apposito porta-provette nella sede prevista curando che la parte su cui impatterà il maglio sia quella intera e si azzera la lancetta di misura.
    • Avuta la certezza che la prova possa essere svolta nella massima sicurezza sia per lo sperimentatore sia per eventuali visitatori si dà inizio alla prova sbloccando il fermo del maglio, ora libero di muoversi e di svolgere la sua funzione.
    • Compiuto il lavoro il maglio viene arrestato elettricamente, quindi lo sperimentatore rileva il valore, espresso in Joule, su cui la lancetta si è fermata e lo trascrive.
    • Viene raccolta la provetta e viene avvolta da nastro adesivo; tutte le provette della stessa pratica legate e recanti il n° di pratica, vengono quindi poste nell’area di stoccaggio del materiale provato per almeno 20 gg dopo la certificazione.

In sintesi insomma la resilienza si misura sottoponendo un campione del materiale stesso a prova d’urto tramite un maglio a forma di pendolo (pendolo di Charpy, raffigurato nell’immagine).

Pendolo di Charpy

Si ottiene direttamente calcolando la differenza tra l’altezza iniziale da cui esso viene lasciato cadere e l’altezza che raggiunge dopo aver rotto il campione del materiale sottoposto a misura.

Come mostrato in tabella, i valori di resilienza possono variare sensibilmente, infatti a basse temperature la resilienza assume valori decisamente inferiori a quelli ottenuti a temperatura superiore.

Valori di resilienza

C’è da notare che all’abbassarsi della temperatura di prova si può individuare il campo entro cui il materiale passa da una frattura duttile ad una fragile. In tal modo si può individuare la minima temperatura (temperatura di transizione) alla quale un acciaio può essere utilizzato restando duttile.

In genere, un materiale diventa più fragile al diminuire della temperatura, cioè l’energia necessaria a romperlo diminuisce con la temperatura. In particolare esiste un intervallo di temperatura, detto zona di transizione, in cui si ha un abbassamento improvviso della tenacità di un materiale.

Il reciproco del modulo di resilienza è l’indice di fragilità e sono detti “fragili” tutti quei materiali che presentano bassa resilienza. In genere è causa di rotture, che si distinguono in due tipologie:

  1. si definiscono rotture duttili quelle che comportando la deformazione del materiale. Nei metalli le superfici in corrispondenza di tali rotture hanno aspetto fibroso e lucentezza setacea.
  2. le rotture fragili  avvengono per decoesione del materiale senza essere precedute da deformazioni. Nei metalli le superfici in corrispondenza di tali rotture hanno aspetto granulare e lucentezza cristallina.

Dice il saggio… controlla la resilienza del tuo acciaio!

La resilienza è l’energia necessaria per la rottura di un materiale sottoposto a carichi impulsivi tali da non permettere la deformazione plastica, ovvero la rottura del pezzo avviene in campo elastico.

È una proprietà meccanica importante e non va confusa con la tenacità, che è invece la capacità di un materiale sottoposto ad uno sforzo statico di assorbire energia dall’inizio della deformazione fino alla rottura, come ad esempio nella prova di trazione.

Che ti succede se non controlli? Te lo dice SteelBetter

Un materiale poco resiliente può essere la fonte di tanti dispiaceri, oltre che di un portafoglio mlto alleggerito. Immagina questo brutto film:

  • si parte con l’innesco di una cricca in seguito ad un urto locale
  • si continua con la propagazione della rottura, che procede veloce e a forza molto bassa (pensa, per intenderci, al parabrezza dell’auto in cui da una piccola si arriva alla rottura su tutta la lunghezza)
  • si arriva alla tappa finale, o catastrofe: una dannosa rottura di tipo fragile, e lì buonanotte ai suonatori.

Invece guarda: con una semplice telefonata a me, avresti avuto il consiglio giusto: fai la prova di resilienza e passa la paura.

☞ Magari vuoi capire se il tuo acciaio è tenace e se mantiene questa caratteristica anche a basse temperature.

☞ Magari vuoi sapere fino a che temperatura i tuoi componenti resistono senza subire una rottura fragile.

☞ Magari hai in mano tanto di certificato in cui l’acciaieria attesta i Joule della tua barra, ma devi andare a fondo: il dato è mantenuto su tutti i lotti?

Tutte ottime ragioni per far eseguire la prova di resilienza secondo la Norma UNI EN ISO 148-1 con lo scopo di determinare quanta energia espressa in Joule assorbe la provetta colpita dal pendolo Charpy..

La prova di resilienza può essere effettuata sia  su prodotti piani (come lamiere di spessore superiore a 2,5 mm) sia su prodotti metallici grezzi, come spezzoni di materiali o profilati ed anche prodotti lavorati.

Io oltretutto non ti nascondo che non di rado il miglioramento di una proprietà meccanica può portare al peggioramento di altre. Ad esempio, aumentare la durezza, la resistenza meccanica e la resistenza all’usura significa diminuire la resistenza alla fatica e sì, anche la resilienza.

Scoprire se il materiale è ok o no secondo i criteri di accettabilità standardizzati o forniti dal tuo cliente è una priorità assoluta, so che ne sei convinto. Ma tutte queste cose a noi piace spiegartele di persona, perché per noi l’acciaio è una passione a 360°… e parlo anche del tuo acciaio. Metti a confronto i tuoi dubbi con l’esperienza SteelBetter, fai un primo passo che non ti costa nulla, chiama o scrivi. Posso garantirti si rivelerà produttivo!

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