Giu 01, 2018

Materiali alla prova: un must

Ci si trova ad aver a che fare con tante esigenze, e quando c’è un’esigenza precisa, non si può rispondere a caso. Quante volte, del resto, capita? Novantanove su cento. C’è una commessa, e c’è all’orizzonte una buona prospettiva di produzione. Come fare in modo che tutto fili liscio? È basilare potersi fidare pienamente del materiale.

Ed è necessario poterlo mettere, quindi, alla prova. Sapere con certezza che in fase di lavorazione, per quanto sottoposto a sforzi, non ‘tradirà’.  Come funziona? In fondo è semplice: esistono i laboratori ed esistono attività dedicate: le prove – appunto, di laboratorio.

Possono essere di tipo universale (pena ad un dinamometro in trazione) o specifiche (per esempio, un apparecchio per la misura della resistenza delle suole delle scarpe).

Come testare i materiali sottoposti a forze statiche o dinamiche

Servono inoltre a certificare la loro qualità e a verificare la corrispondenza di un materiale a determinati requisiti di norme ed a esigenze di lavorazione e produzione specifiche.

I componenti strutturali presentano un comportamento diverso in funzione

  • del tipo di materiale con il quale sono realizzati,
  • del tipo di sollecitazione alla quale sono sottoposti,
  • della geometria (forma e dimensioni),
  • delle condizioni fisiche e chimiche (temperatura, ambiente, velocità di applicazione del carico e quant’altro).

Le prove si dividono in prove distruttive e prove non distruttive. Le prove distruttive compromettono l’integrità del materiale, non vengono eseguiti su pezzi finiti, ma su campioni di materiale (provette) di forma e dimensioni unificate.  Le prove non distruttive, che non alterano alcun parametro e non lasciano segni evidenti, possono al contrario essere eseguite su qualsiasi pezzo meccanico.

Quando la necessità è descrivere il comportamento di un materiale assoggettato a forze statiche o dinamiche, allora bisogna ricorrere alle prove meccaniche sui materiali.

Le prove meccaniche

Per ogni materiale, e i metalli non fanno certo eccezione, è opportuno disporre di informazioni standardizzate utili a definirne il campo ed i limiti di impiego.  Come puoi ottenere queste informazioni?

Di norma si procede effettuando un insieme di test sperimentali. Il loro nome generico è: prove meccaniche. Tutti ne abbiamo sentito parlare, in molti ne abbiamo usufruito. Si definiscono ‘unificate’, perché le procedure necessarie per eseguirle sono perfettamente note, anche nei dettagli.

Se ho deciso di dedicare qualche riga al tema delle prove meccaniche, non è certo perché sono una novità, piuttosto vorrei richiamare la tua attenzione su questo: anche se sono procedimenti noti, la loro qualità non è affatto scontata e peraltro incide in maniera molto significatica sul ‘destino’ dei pezzi da produrre.

Voglio portare un semplice esempio. Semplice ma, sono sicuro, convincente. Prendi un  ammortizzatore sottoposto a continue sollecitazioni dinamiche. Impensabile perfino costruirlo, se non ho a disposizione un materiale provvisto di elevata resistenza alla fatica. Diciamo, tanto per capirci, che senza un acciaio ad alto tenore di carbonio non vado da nessuna parte?

Insomma è cruciale effettuare, o far effettuare, continue prove meccaniche sui materiali, con l’impegno nel vole arrivare ad un responso certo e certificato.

Utilità delle prove meccaniche

Conoscere le proprietà meccaniche dei materiali è fondamentale per individuare il tipo di materiale più adatto per un determinato utilizzo. Le prove di tipo meccanico si utilizzano, in generale, per descrivere il comportamento di un materiale sottoposto a deformazione, variamente declinato come segue:

  • il comportamento elastico, plastico o viscoelastico,
  • la resistenza statica (allo snervamento o alla rottura),
  • la resistenza all’abrasione (durezza),
  • la resistenza agli urti (resilienza),
  • la resistenza alla frattura (tenacità a frattura),
  • la resistenza alla fatica (la capacità del materiale di resistere alle sollecitazioni periodiche).

Dato che la proprietà meccanica di un materiale indica, infatti, se il materiale in questione reagisce alla sollecitazione esterna. I materiali possono essere classificati in base al modo in cui rispondono ad una forza applicata.

  • in maniera elastica (d esempio, deformandosi in modo reversibile) o
  • in maniera inelastica (ad esempio, rompendosi).

Un’altra distinzione da tener presente la individuiamo tra:

  • le prove a deformazione lenta (creep, trazione, flessione, etc.) e
  • le prove a deformazione veloce (urto, rotture, etc.).

Non solo. Le prove meccaniche possono essere anche distinte in:

  • prove convenzionali se forniscono una serie di valori / grandezze con le quali vengono confrontati, catalogati e caratterizzati i diversi materiali.
  • prove simulate o reali, se riproducono le condizioni di utilizzo del materiale nel modo più fedele possibile.

A livello Europeo le modalità di esecuzione delle prove sono fissate dalle normative UNI EN

  • prova di durezza UNI EN 6507  (Vickers) 6506 (Brinell) 6508 (Rockwell)
  • prova di trazione UNI EN 10002
  • prova di resilienza Charpy UNI EN 10045

Poter disporre di prove meccaniche dà innegabilmente grandi vantaggi:

  • disporre di dati reali che consentono di classificare le proprietà di vari materiali,
  • stabilire metodologie standardizzate (prova ripetibile ovunque da soggetti diversi in condizioni prefissate, risultati pienamente confrontabili)
  • valutare le proprietà intrinseche del materiale (indipendenti dalla geometria e costanti a parità di condizioni fisiche e chimiche).

Diverse tipologie di prove meccaniche

Restringendo il focus sulle prove meccaniche, va detto che possono essere classificate in base alla modalità di applicazione della forza. Si parla dunque di:

  • prove statiche: applicate in modo graduale e per un tempo abbastanza lungo. Fanno parte del gruppo le prove di trazione a temperatura ambiente, prove di trazione a temperatura controllata, prove di compressione, prove di durezza (Vickers, Brinell, Rockwell).
  • prove dinamiche: applicate in un tempo molto breve. Tra queste, le prove d’urto e le prove di resilienza Charpy.
  • prove a carico oscillante: tra queste, le prove di fatica.
  • prove a carico insistente: tra queste, le prove di scorrimento a caldo.
  • prove di attrito: effettuate tra due corpi tra loro striscianti (attrito radente) o rotolanti (attrito volvente).
  • prove periodiche: ripetute ciclicamente nel tempo con frequenza elevata.

Più frequenti e conosciute sono le prove di durezza, quelle di trazione e quelle di resilienza, su cui vale la pena soffermarsi.

Le prove di durezza

In generale si definisce durezza la resistenza di un materiale alla deformazione localizzata, sia essa provocata mediante indentazione, graffio, taglio o flessione. Si tratta dunque della resistenza che un materiale oppone alla penetrazione di un altro corpo (di durezza maggiore e di definita geometria) al quale è applicato lentamente un determinato carico nella direzione perpendicolare alla superficie da esaminare

Mentre per gli elastomeri (e qualche polimero), la durezza assume il significato di resistenza alla deformazione elastica, nei materiali ceramici, nei polimeri e soprattutto nei metalli, si considera la deformazione plastica. Il fatto che per la durezza non esista una definizione univoca (come invece accade per altre proprietà meccaniche) lascia supporre che essa non rappresenti una caratteristica fondamentale del materiale. Piuttosto si potrebbe affermare che la durezza rappresenta una sorta di effetto combinato originato da resistenza di snervamento, di rottura, incrudimento1, modulo di Young, ecc.

per passare a un piano più pratico, ti do un ventaglio di ipotesi. Mettiamo che tu voglia…

  • conoscere, ma conoscere subito, i valori di durezza dei tuoi materiali a cuore e in superficie per settare la produzione
  • confrontare le caratteristiche meccaniche di due campioni di dimensioni grandi ma che non possono essere sezionati
  • semplicemente completare la verifica di conformità del tuo acciaio

Ecco! Ti serve fare la prova di durezza. Le misure di durezza sono ampiamente utilizzate nel processo di controllo di qualità dei materiali perché semplici e rapide da ottenere. Si arriva ad individuarle mediante test non distruttivi (o semidistruttivi), con carichi applicati con continuità e gradualità, per un lasso di tempo precisamente indicato dalle norme.

Durante la prova, un penetratore di forma opportuna sotto un determinato carico applicato perpendicolarmente alla superficie penetra nel materiale. Dalle dimensioni dell’impronta e dal carico applicato si deducono gli indici di durezza del materiale nel caso delle prove di durezza Brinell e Vickers, mentre dalla profondità dell’impronta si deducono gli indici di durezza nelle prove Rockwell “B” e “C”.

Nei materiali metallici la durezza può essere interpretata dunque come la resistenza alla deformazione plastica permanente (a sua volta correlabile empiricamente al carico di rottura)

In sostanza, la durezza esprime la resistenza all’indentatura permanente della superficie

A seconda del tipo di penetratore e carico utilizzato, si distinguono le seguenti tipologie di prove:

  • durezza Brinell HB con carichi da 31,25 a 3000 kg e penetratore a sfera da 2,5 o 10 mm di diametro (norma UNI EN ISO 6506-1);
  • durezza Vickers HV con carichi da 10 a 30 kg (norma UNI EN ISO 6507-1);
  • durezza Rockwell con scale HRB e HRC (norma UNI EN ISO 6508-1)

Mediante i valori di durezza è possibile ottenere per conversione i valori di resistenza a trazione (carico di rottura Rm) mediante le più complete tabelle comparative contenute nella norma UNI EN ISO 18265 (Materiali metallici – Conversione dei valori di durezza). La  conversione è utile per conoscere i valori di resistenza a trazione di particolari di dimensioni ridotte su cui non è possibile eseguire la prova di trazione.

La proprietà della durezza è necessaria affinché il componente metallico possegga le caratteristiche di progetto. Ma non è sufficiente. Infatti se la durezza non è corretta il componente non sarà certamente idoneo, ma in caso contrario non è certo che le altre caratteristiche siano conformi a quanto desiderato. La durezza influenza la resistenza all’usura, all’ incisione, al taglio e talvolta anche alla corrosione.

I vantaggi della prova di durezza risiedono nella sua facilità e rapidità, nella sua economicità visti anche i bassi costi delle apparecchiature usate e infine nel fatto di non essere una prova distruttiva (che quindi può essere ripetuta in più punti del provino)

Sempre nell’ambito della durezza, potrebbero sorgere bisogni più particolari come:

  • sapere con urgenza se il tuo trattamento termico è conforme per procedere con le lavorazioni;
  • verificare la profondità di trattamento termico per valutare se sono mantenute le specifiche a disegno e vuoi farlo velocemente;
  • testare la microdurezza di un rivestimento superficiale spesso pochi micron e confrontarlo con un rivestimento diverso.

Esiste in risposta a quanto elencato la prova di microdurezza Vickers , ottocategoria della prova di durezza con carichi compresi tra 15 grammi e 1 kilogrammo.

Il test consente di eseguire le prove di durezza su materiali con spessore ridotto (anche inferiore al mm) e su riporti galvanici come nichelatura e cromatura. La microdurezza Vickers è impiegata per la misurazione della profondità efficace e totale nei trattamenti di indurimento superficiale, mediante misurazione del gradiente delle microdurezze Vickers su una linea perpendicolare alla superficie trattata (cucitura); in particolare:

  • misurazione dello spessore di carbocementazione e carbonitrurazione, secondo la norma UNI 11153-1 (Misurazione dello spessore di strati superficiali induriti su elementi di lega ferrosa – Carbocementazione e carbonitrurazione);
  • misurazione dello spessore di nitrurazione e nitrocarburazione ferritica, secondo la norma UNI 11153-2 (Misurazione dello spessore di strati superficiali induriti su elementi di lega ferrosa – Nitrurazione e nitrocarburazione ferritica);
  • misurazione dello spessore di tempra, secondo la norma UNI 11153-3 (Misurazione dello spessore di strati superficiali induriti su elementi di lega ferrosa – Tempra superficiale).

Sullo stesso principio del gradiente delle microdurezze, è possibile eseguire misurazioni della profondità di decarburazione (diminuzione locale del tenore di carbonio in superficie secondo la norma UNI EN ISO 3887), fornendo parametri come la profondità di decarburazione parziale, pla rofondità di decarburazione totale e la profondità di decarburazione completa.

Qualche considerazione in più in tema di durezza

Tra la Vickers, la Brinell e la Rockwell esistono delle differenze precise. La Vickers è la più versatile, precisa, non distruttiva, per le modestissime dimensioni dell’impronta, e valida in un intervallo di durezze praticamente illimitato. Si presta anche per le misure di microdurezza.
La ridotta dimensione delle impronte però fa sì che la prova risente molto delle eterogeneità della provetta e risulti molto laboriosa. Senza un’accurata preparazione della superficie e un’altrettanto accurata lettura delle impronte col microscopio almeno a 100 ingrandimenti, infatti, non si può sperare neppure nella ‘sufficienza’ della precisione,

La prova Brinell risente meno delle variazioni legate alle eterogeneità microstrutturali, tanto da costituire talvolta l’unica alternativa per materiali fortemente eterogenei. Valori ottenuti con sfere di diverso diametro sebbene caricate proporzionalmente non sono generalmente paragonabili fra loro. La lettura del diametro dell’ impronta richiede l’uso del microscopio, talvolta incorporato nel durometro, oppure portatile a 20 ingrandimenti almeno. La prova è sì meno laboriosa e complicata della Vickers, ma può esser talvolta distruttiva per l’eccessiva dimensione delle impronte.

La più semplice e rapida tra le tre è la Rockwell, che è anche la meno precisa ed affidabile e può dare valori errati per svariati motivi; n cedimento dell’appoggio dovuto ad una qualsiasi causa (superficie ossidata o sporca, supporto cedevole, deformazioni elastiche, slittamenti, ecc.) darà, ad esempio, misure in difetto.

Le prove di trazione

La resistenza meccanica è la capacità dei materiali di resistere alle sollecitazioni dovute alle forze esterne applicate con gradualità e continuità. Si misura mediante la prova di trazione, un test  importante da cui si rilevano più proprietà di un materiale:

  • resistenza,
  • deformabilità,
  • elasticità.

Ma, ancora una volta, voglio provare a formulare delle domande che verosimilmente ti sei già fatto anche tu, in tanti momenti del tuo lavoro. Mettiamo che il problema sia…

  • conoscere le caratteristiche meccaniche della lamiera da stampaggio;
  •  confrontare il carico di rottura e lo snervamento di due lotti di materiale differenti;
  • apire se l’allungamento della lamiera è adatto alla lavorazione che devi fare

Ti serve la prova di trazione, una prova statica e distruttiva. Consiste nel sottoporre

una provetta unificata del materiale in esame ad un carico di trazione applicato gradualmente e con continuità fino a provocarne la rottura.

Si esegue secondo gli standard internazionali UNI EN ISO 6892-1 (Materiali metallici – Prova di trazione – Parte 1: Metodo di prova a temperatura ambiente) e ASTM A370 (Standard Test Methods and Definitions for Mechanical Testing of Steel Products), applicando alla provetta una forza a velocità costante e controllata, misurando nello stesso tempo la forza applicata e la deformazione.

La provetta viene chiusa in afferraggi che la vincolano da un lato al basamento della macchina e dalla parte opposta alla traversa mobile che applica la forza di trazione. I dati forza (kN) – spostamento (mm) vengono tabulati in un grafico che fornisce la curva del materiale testato. Così è possibile ricavare i parametri tipici delle caratteristiche meccaniche del materiale, che sono:

  • resistenza a trazione o carico massimo unitario (Rm)
  • tensione di snervamento superiore (ReH) e tensione di snervamento inferiore (ReL) oppure il carico unitario di snervamento (Rp0,2)
  • allungamento a rottura percentuale (A%)
  • strizione (Z%)
  • modulo di elasticità di Young (E)
  • anisotropia (r)
  • coefficiente di incrudimento (n)

La prova è integrata dalla presenza di un estensimetro che ha la funzione di misurare con maggiore precisione gli istanti iniziali di deformazione elastica del materiale, prendendo come riferimento una lunghezza fissa (L0), definita in base allo spessore della provetta sottoposta a prova.

La prova di trazione ha dunque lo scopo di verificare la conformità del materiale ma anche, nel caso di lamiere, identificare problemi ad esempio di stampaggio o di imbutitura che possono verificarsi quando il materiale presenta anomalie tipo un campo elastico ristretto oppure un allungamento inferiore rispetto a quanto previsto a progetto.

Può essere eseguita su lamiere, piastre e prodotti piani, fili, barre e profilati di qualunque spessore e tubi, con la possibilità di realizzare provette a lati paralleli, ad osso di cane, tonde secondo gli standard internazionali oppure su specifiche fornite dal cliente, rispettando precise dimensioni di larghezza, lunghezza e tolleranze di forma.

La prova di resilienza Charpy

La capacità di un materiale di resistere a forze dinamiche ovvero ad urti è generalmente definita resilienza.

Su un piano pratico-quotiano, potrebbe trattarsi di varie esigenze. Proviamo a immaginare che ti serva…

  • non solo dimostrare che il tuo acciaio è tenace, ma anche che mantiene tale caratteristica anche a basse temperature;
  • verificare fino a quale temperatura i tuoi componenti resistono senza andare incontro a rottura fragile;
  • controllare che il dato riguardante i Joule (J) della tua barra riportato nel certificato dell’acciaieria sia lo stesso su tutti i lotti

Devi, in poche parole, riuscire a individuare la resistenza del materiale a carichi impulsivi in uno stato di tensione multiassiale e alla propagazione di cricche per urto (tenacità). Ti serve la prova di resilienza, ovvero ti serve determinare la quantità di energia assorbita da una provetta di dimensioni standard e con presenza di un intaglio ad una determinata temperatura.

La prova di resilienza, dinamica, distruttiva e unificata, consiste nel rompere con un solo colpo un provino unificato del materiale in esame. La rottura avviene a flessione per urto e la prova prende il nome dalla macchina utilizzata, il pendolo di Charpy, con cui si misura l’energia richiesta (J) per rompere un provino metallico sotto l’azione di un carico impulsivo (secondo la norma UNI EN ISO 148-1, “impact test”).

Testa il tuo materiale con un esperto. Chiama SteelBetter!

Il breve ‘tour’ appena concluso ci ha rinfrescato la memoria “teorica”. Ma io torno sempre molto volentieri a quello che è il quotidiano di tutti noi.

Ad esempio, pensa ad un manufatto da sottoporre a continue sollecitazioni dinamiche o periodiche (una molla, un ammortizzatore): è necessario che sia costruito con un materiale che abbia un’elevata resistenza alla fatica (ad esempio acciaio ad alto tenore di carbonio). Oppure se un manufatto durante il suo utilizzo è sottoposto a continue forze di metalli (un cuscinetto, o i pattini del freno), è necessario che sia costruito con un materiale dotato di elevata resistenza d’attrito (ad esempio, materiali sinterizzati).

I test sui materiali sono davvero essenziali e ineliminabili. La casistica in cui c’è bisogno di risposte veloci e sicure è mostruosamente ampia, e nessuno la conosce nei dettagli come noi del settore: tu con le tue esigenze, io che sono qui per darti risposte.

Poter disporre di  risultati affidabili e in tempo ottimale significa:

  • dire basta alle telefonate di sollecito al laboratorio
  • completare le pratiche di gestione qualità senza l’ansia di aspettare i report del materiale,
  • significare iniziare la produzione con la sicurezza che il materiale è conforme.

Non sarebbe fantastico procedere subito a modificare i settaggi dei robot senza costosi fermo linea o scarti di produzione? È fantastico, ma la fantasia non c’entra per niente: in SteelBetter ci sono io, sono presente in carne ed ossa, per aiutarti a individuare la miglior strada che ci porta  a definire le caratteristiche del tuo materiale.

Il ruolo essenziale delle prove meccaniche è ampiamente dimostrato tutta una gamma diversificata di norme di prodotto e norme meccaniche che influiscono, tra le altre cose, anche sul tipo di macchina da utilizzare. Sono aspetti che vanno veramente al di là della loro ‘autorevolezza’ teorica: il consiglio di un esperto ti farà capire quale peso possono avere quando si tratta di andare in produzione.

Se stai per andarci, o se ancora devi acquistare il materiale, o se ti trovi in una qualsiasi delle molte fasi in cui val la pena di testare il metallo, mettiti in contatto con me. Ti basta una telefonata senza impegno per un consiglio che può evitarti un sacco di problemi, anche di portafoglio.

Ti aspetto con la risposta che fa proprio per te, quant’è vero che mi chiamo Giovanni e sono sempre sul pezzo.

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