Giu 07, 2018

Efficiente, precisa, pulita: è l’induzione

Il riscaldamento a induzione è uno dei  metodi a nostra disposizione quando vogliamo riscaldare materiali elettricamente conduttivi: nel nostro caso, ovviamente, i metalli. Hai certamente sentito nominare i piani a induzione, che trovano sempre più frequentemente la loro collocazione ideale nelle cucine domestiche e professionali.

Ma, per la verità, il riscaldamento a induzione è un metodo che si sta facendo strada anche in altri settori, tra cui quello dei metalli. In svariati processi come

  • fusione,
  • trattamenti termici,
  • saldatura,
  • brasatura,
  • asciugatura,
  • sigillatura,
  • calettamento.…

si apprezza ormai moltissimo l’utilizzo di un sistema che offre tanti vantaggi. La sua effettuazione si svolge in modo veloce, efficiente, preciso, ripetibile e pulito.

Quando si ha a che fare con processi che prevedono temperature da 100 °C a 3000 °C, il sistema a induzione funziona magnificamente, indipendentemente dalla durata del ciclo di riscaldamento, che può essere brevissimo (decimi di secondo) ma anche molto prolungato (mesi).

A rispondere al meglio a questo tipo di soluzione sono i materiali cosiddetti ‘conduttivi’ come: acciaio, rame, alluminio, ottone o semiconduttori come carbonio, grafite o il carburo di silicio.

Come funziona il riscaldamento a induzione?

L’induzione lavora fornendo energia al componente da riscaldare attraverso la creazione di un forte campo elettromagnetico alternato.

In estrema sintesi, il sistema di riscaldamento ad induzione è costituito da:

  • una spira, o bobina, induttrice, o ‘induttore’,
  • un alternatore di corrente, che fornisce la potenza,
  • il ‘carico’, il materiale che dev’essere riscaldato: il pezzo di lavoro stesso.

Il generatore fornisce la corrente alternata che attraversa la bobina, generando un campo magnetico nel suo intorno. Quando si avvicina un ‘carico’, questo è percorso dalle cosiddette ‘correnti parassite’ indotte dal campo magnetico. A loro  volta esse producono un preciso, localizzato e controllabile aumento di temperatura nel materiale, senza bisogno di contatto fisico con la bobina.

La bobina induttrice, detta “induttore”, è nella maggior parte dei casi ottenuta da un tubo di rame elettrolitico, circolare e con un diametro 3-5 mm. Attraverso il tubo passa l’acqua di raffreddamento. La dimensione e la forma dell’induttore – con spira singola o multipla, elicoidale, rotonda o quadrata, interna o esterna (al pezzo) – deve essere adeguata non solo al pezzo da riscaldare, ma anche alle altre variabili del processo produttivo.

Con una buona progettazione dell’induttore, si può raggiungere un idoneo profilo di riscaldo e al contempo massimizzare l’efficienza del generatore di frequenza. l’acquisizione di questi interessanti risultati non rende mai difficoltosi né l’inserimento né la rimozione del pezzo da riscaldare.

Frequenza di risonanza ed “effetto pelle”

Nel riscaldamento a induzione, è molto importante usare un equipaggiamento capace di erogare potenza in un range di frequenze adatto al tipo di riscaldo e di processo richiesto.

Geometria e tipologia del materiale da scaldare incidono significativamente sulla frequenza di lavoro di un sistema di riscaldamento a induzione. Per farsi un’idea chiara della differenza che può esistere tra varie frequenze, bisogna riferirsi all’“effetto pelle”. È l’espressione che si usa per definire una caratteristica propria della corrente elettrica alternata. Quando viene indotta attraverso il campo elettromagnetico in un materiale, infatti, la corrente scorre principalmente sulla sua superficie.

Tanto più alta è la frequenza di risonanza, tanto più accentuato è l’”effetto pelle” e minore risulta la profondità di penetrazione del calore. Al contrario, a frequenze più basse corrisponde un più debole effetto pelle e una più profonda penetrazione del calore.

La profondità di penetrazione della corrente elettrica dipende strettamente:

  • dalla frequenza di lavoro,
  • dalle proprietà del materiale,
  • dalla temperatura raggiunta dal componente.

Mi è sembrato opportuno e magari utile, per ‘digerire’ questi concetti, riunire in una tabella alcuni esempi interessanti. Come si vede sotto, un tondo di acciaio da 20 mm può essere riscaldato a cuore a 540 °C per un processo di distensione a una frequenza di 3 kHz. Il medesimo componente può essere temprato a 870 °C a una frequenza di 10 kHz.

Profondità min. per un riscaldo efficiente a diverse frequenze. Profondità min.  per un riscaldo efficiente a diverse frequenze. Profondità min. per un riscaldo efficiente a diverse frequenze. Profondità min. per un riscaldo efficiente a diverse frequenze.
Materiale Temperatura 1 kHz 3 kHz 10 kHz 30 kHz
Acciaio
(prima del Punto di Curie)
540 °C
(1000 °F)
8.89 mm
(0.35 in)
5.08 mm
(0.20 in)
2.79 mm
(0.11 in)
1.27 mm
(0.05 in)
Acciaio
(dopo il Punto di Curie)
870 °C
(1600 °F)
68.58 mm
(2.7 in)
38.10 mm
(1.5 in)
21.59 mm (0.85 in) 9.65 mm
(0.38 in)

 
A titolo di regola generale: più alta è la frequenza più alto è il calore prodotto; proprio come quando per riscaldare le mani le sfreghiamo una contro l’altra: più rapido è lo sfregamento delle mani, maggiore è il calore generato. Riscaldare a induzione piccoli componenti richiede alte frequenze di lavoro (>50 kHz), mentre per riscaldare a induzione parti di grandi dimensioni è più efficiente una frequenza più bassa.

La relazione tra la frequenza della corrente alternata e la sua profondità di penetrazione nel materiale, insomma, fa sì che per parti piccole o a riscaldamenti superficiali siano consigliabili frequenze più alte (100 – 400 kHz), mentre le basse frequenze (5 – 30 kHz) sono adatte a materiali più spessi, che richiedono una penetrazione profonda del calore.

La superficie si scalda molto più velocemente della parte interna; l’80 % del calore prodotto nel materiale si genera nello strato superficiale.  materiale. Lo spessore dell’”effetto pelle” diminuisce al decrescere della resistività, al crescere della permeabilità o al crescere della frequenza.

Quanta potenza ti serve?

Sono parecchie le variabili che devono essere considerate per determinare la quantità di energia necessaria per una particolare applicazione:

  • la temperatura da raggiungere,
  • la massa,
  • il calore specifico,
  • le proprietà elettriche del pezzo da riscaldare,
  • l’efficienza di accoppiamento dell’induttore da usare.

Devono essere considerate, anche, le perdite termiche dovute alla conduzione del calore lungo i sistemi di fissaggio del pezzo, e perdite dovute alla convezione e alla radiazione del calore. I materiali magnetici si riscaldano più facilmente di quelli non magnetici, a causa dell’effetto di isteresi magnetica.

I materiali magnetici offrono una resistenza naturale al rapido cambiamento dei campi magnetici nell’intorno dell’induttore. L’attrito risultante produce un suo calore aggiuntivo – il riscaldamento per isteresi – che si somma al riscaldamento per le correnti parassite. Un metallo che offre un’alta resistenza si dice che ha una alta “permeabilità” magnetica.

La permeabilità magnetica per i materiali magnetici assume valori tra 100 e 500. I materiali non magnetici hanno permeabilità pari a 1. Il riscaldamento per isteresi si verifica per temperature al di sotto del “punto di Curie” – la temperatura alla quale il materiale magnetico perde le sue proprietà magnetiche.

Induzione e trattamenti termici: la tempra

L’induzione elettromagnetica costituisce una modalità di riscaldamento frequentemente impiegata in differenti operazioni di trattamento termico, ovvero:

  • rafforzamento superficiale completo,
  • ricottura e distensione,
  • normalizzazione e tempra,
  • indurimento per precipitazione e invecchiamento,
  • affinamento del grano.

Per quanto in particolare concerne la tempra, va detto che per determinare il sistema adeguato alla realizzazione del profilo di indurimento desiderato non è possibile prescindere da:

  • dimensioni e geometria della parte da trattare,
  • tipologia di operazioni di austenitizzazione conseguita (superficiale o
  • completa),
  • modalità di riscaldamento con induttore fermo o in movimento,
  • temprabilità.

I mezzi tempranti più frequentemente utilizzati nella pratica dei trattamenti termici ad induzione, analogamente alle tecniche in forno, sono acqua e olio. L’olio è tipicamente impiegato quando il trattamento termico deve essere eseguito su acciai ad elevata temprabilità o su parti soggette più facilmente a rotture o distorsioni. L’uso dell’acqua è molto diffuso, tuttavia richiede una particolare attenzione sia alla temperatura che alla pulizia della stessa:

  • la temperatura risulta fondamentale per limitare eventuali distorsioni sul pezzo in fase in tempra
  • la purezza dell’acqua incide sull’integrità del sistema del circuito di raffreddamento evitando ostruzioni e depositi

Per le applicazioni di indurimento ad induzione sono comuni anche mezzi tempranti come soluzioni di alcool polivinile e aria compressa. Il primo è usato per ottenere l’indurimento di materiali con limitate capacità di rafforzarsi: in essi l’uso dell’olio non eserciterebbe un’azione temprante di entità sufficiente al raggiungimento del rafforzamento desiderato, mentre l’acqua porterebbe ad un raffreddamento troppo drastico, responsabile della formazione di distorsioni o cricche. L’alcool polivinile è uno dei cosiddetti polimeri tempranti e presenta il vantaggio, rispetto agli oli, di non essere infiammabile.

L’aria compressa viene utilizzata per gli acciai con elevata temprabilità che presentino un calore da rimuovere dalla superficie relativamente basso. Un’applicazione tipica è il raffreddamento di denti di ingranaggi. A seguito di una tempra inadeguata possono presentarsi alcuni problemi, tra i quali cricche di tempra, punti deboli, distorsioni. Punti deboli talvolta si verificano nel caso

in cui venga usato come mezzo temprante l’acqua: l’elevata temperatura del pezzo può indurre la formazione di uno strato di vapore acqueo a contatto con la superficie e se, per effetto della scarsa pressione, il fluido stesso non è in grado di rimuoverlo, tale fenomeno impedisce la realizzazione di un efficace scambio termico, ostacolando così la formazione della struttura martensitica. L’effetto è più grave negli acciai dotati di scarsa temprabilità e si può attenuare migliorando il progetto dell’anello di tempra o modificando la configurazione dell’intero dispositivo di raffreddamento.

Le cricche di tempra sono tipicamente una conseguenza dei seguenti fattori:

  • eccessiva severità di tempra (particolarmente critica negli acciai ad
  • elevato contenuto di carbonio),
  • mancata uniformità del trattamento,
  • modifiche dei profili di tempra sulla parte da trattare con aree di transizione insufficienti,
  • rugosità superficiale.

Distorsioni del pezzo lavorato sono causate dalla presenza di tensioni residue, di riscaldamento irregolare o raffreddamento non uniforme e dalla particolare geometria dell’oggetto stesso; esse possono sempre essere controllate modificando le modalità di riscaldamento e di tempra.

Una volta considerate queste variabili, e divenendo operativi, i sistemi più comuni adottati per il raffreddamento veloce, che consentono di ottenere la tempra del materiale, sono:

  1. la tecnica spray ad anelli: si serve di uno o più anelli coassiali con la spira conduttrice: essi possono essere posizionati immediatamente sotto, di fianco oppure concentrici rispetto al conduttore. Nel caso di oggetti non simmetrici l’apparato temprante, simile alla spira, riproduce generalmente la stessa forma della parte da temprare.
  2. la tecnica ad immersione.

Acciaio e induzione

Per il successo del riscaldamento ad induzione, proprietà come la permeabilità

magnetica e la resistività elettrica sono importantissime. Entrambe entrano nella formula della profondità di penetrazione. Una volta che sono state fissate si è in grado di agire sulla profondità stessa unicamente modificando la frequenza.

In genere le frequenze elevate sono usate per ottenere un rafforzamento superficiale, mentre quelle più basse sono impiegate per indurire completamente la struttura.

Le proprietà magnetiche ed elettriche del materiale sono fortemente dipendenti dalla temperatura e il loro comportamento subisce una variazione di pendenza in corrispondenza a quei valori in cui avviene la trasformazione di fase.

Proprio come accade con il riscaldamento convenzionale, la durezza e il profilo di durezza della zona trattata termicamente dipendono solamente dalla composizione chimica dell’acciaio e dal mezzo di tempra.

La questione principale da considerare, in definitiva, è la fase di austenitizzazione, i cui parametri fondamentali da controllare sono temperatura e tempo.

Il riscaldamento rapido richiede temperature di austenitizzazione più alte, consentendo tuttavia di completare la trasformazione mantenendo tale temperatura per un tempo inferiore.

Generalmente le temperature raccomandate, per ridurre o eliminare il tempo di austenitizzazione durante il ciclo di riscaldamento continuo a induzione,  si collocano circa 100 °C al di sopra del valore superiore critico di equilibrio. In ogni caso si rimane al di sotto dei valori in cui possa avvenire una crescita indesiderata della dimensione del grano.

Un ulteriore innalzamento della temperatura può rendersi necessario nel caso di acciai con un contenuto di elementi in lega che stabilizzino la cementite (per esempio titanio, cromo, molibdeno, vanadio, niobio, tungsteno, ecc.), mentre un aumento del tempo di esposizione può essere richiesto in presenza di carburi come NbC, TiC e VC, data la loro dissoluzione più lenta.

Per tutte le ragioni che ho ricordato è sempre bene conoscere la composizione chimica completa per ogni lotto impiegato in processi di trattamento ad induzione. Ma se questo dato manca, si deve provvedere a determinare la temperatura di austenitizzazione con analisi sperimentali.

Varrà la pena di provare l’induzione? SteelBetter ha il consiglio giusto!

Cosa ‘mi’ succede se scelgo il riscaldamento a induzione? Quale sarà l’effetto  sui mio metallo? È più che normale che tu ti stia facendo queste domande, ma se hai avuto la pazienza di seguirmi fin qui è perché la cosa ti interessa. Come affrontarla? Semplice, incontrandoci e  parlandone direttamente!

I trattamenti termici non sono certo ‘nati ieri’: esistono e vengono effettuati fin dal 1930. Nel tempo si sono dimostrati idonei ad un’ampia varietà di produzioni in serie, facendo anche registrare una significativa evoluzione. Mi spiego meglio: in principio il riscaldamento ad induzione era quasi soltanto circoscritto alle superfici assialsimmetriche di oggetti in acciaio (assi e alberi, ad esempio). Ma via via sono state sviluppate tecniche di indurimento superficiale per pezzi di geometria anche molto più complessa. Si è arrivati, in tempi recenti, a studiare indurimento ad induzione e tecniche di ricottura volti a ottenere una profondità elevata e trattamenti di intere sezioni  trasversali.

Ricorrere al trattamento termico ad induzione è una garanzia contro molti dei problemi associati al procedimento eseguito in forno. Tra i vantaggi risalta la rapidità del riscaldamento, che rende il metodo particolarmente conveniente nelle operazioni di trattamento termico continuo ad elevato volume di produzione.

  • Elevate velocità produttive
  • Alta efficienza energetica
  • Omogeneità e precisione
  • Massimo controllo e ripetibilità del processo
  • Massima qualità del prodotto finito
  • Facile integrazione nelle linee di produzione
  • Sicurezza: nessuna fiamma libera e fumi tossici
  • Ingombri ridotti e maggiori spazi liberi

Grazie all’introduzione di tecnologie a microprocessore i controlli necessari a questo tipo di tecniche sono diventati facilmente disponibili. Inoltre i difetti di decarburazione e scagliatura, uniti alla necessità di atmosfere protettive, possono essere evitati. Infine si tratta di processi che non inquinano e che consentono un uso efficiente dell’energia fornita (con un’appropriata progettazione della spira e selezione dell’attrezzatura può essere convertita in calore, all’interno del pezzo, più dell’80% dell’energia elettrica di output). Simili livelli di efficienza non sono raggiungibili con i metodi convenzionali in forno, in cui una rilevante porzione del consumo di energia viene perduta attraverso la liberazione dei gas caldi.

Il successo del ’induzione è dimostrato anche dall’ampiezza dei suoi ambiti applicativi: anelli da catena, ecc.
trasporti: alberi a gomito, alberi a camme, alberi di trasmissione, giunti universali, ingranaggi, sedi di valvole, ecc.
macchine utensili: dispositivi di trasmissione e alberi, ecc.
fabbricazione oggetti metallici e utensili a mano: rullo da laminatoio, pinze, martelli, ecc.
componenti strutturali
molle di acciaio

Insomma: il riscaldamento a induzione dovrebbe semplicemente funzionare, offrire le prestazioni richieste al bisogno. Invece, come ogni cosa, anche questo sistema presenta insieme a tanti pro i suoi contro. E proprio perché voglio essere un interlocutore ragionevole e affidabile, vado a illustrarli.

Tra gli svantaggi dell’induzione si considerano le difficoltà nella progettazione

dell’avvolgimento conduttore e nella selezione dell’attrezzatura, che devono essere adeguati alla specifica parte da trattare, adattandosi alla geometria e alla
temperatura a cui viene ad essere effettuato il trattamento. Questa tecnica è

generalmente da escludersi nei casi in cui il volume di produzione sia basso, rendendo il trattamento economicamente poco felice.

I costi energetici del trattamento ad induzione, inoltre, lo rendono scarsamente

concorrenziale rispetto ad altri basati sull’utilizzo di fonti combustibili. Tuttavia la

capacità del trattamento in oggetto di eseguire un riscaldamento rapido del metallo permette di ottenere risparmi connessi al ridotto tempo del processo, all’incremento della produzione, alla riduzione del lavoro necessario; da sottolineare inoltre l’opportunità di effettuare il trattamento all’interno di una linea di produzione automatizzata.

Infine, consentendo il riscaldamento di piccole porzioni di metallo, tale modalità

diventa competitiva nell’ambito di rafforzamenti superficiali e selettivi.

Il trattamento termico ad induzione consente inoltre inferiori costi collegati alla scelta dei materiali, potendosi utilizzare acciai comuni al carbonio al posto di costosi acciai in lega. Infatti, unitamente al breve tempo di riscaldamento, esso permette il raggiungimento di temperature di austenitizzazione più elevate, ottenendo così durezze superiori rispetto a quelle conseguibili tramite processi convenzionali con acciai a basso contenuto di carbonio.

Una volta fatto il punto con una panoramica che mi auguro risulti più completa possibile, veniamo alle cose ‘serie’ e difficili. Perché non è facile per niente decidere come trattare il metallo, e non ci si può affidare al caso. In SteelBetter trovi chi queste scelte le sa fare proprio di mestiere, tenendo presenti tutte quante le regole del gioco. Ma anche dando il giusto peso alle tue particolari necessità: so benissimo che ogni cliente ha le sue, diverse, e ognuno ha per me lo stesso diritto al successo con le sue produzioni.

Mettiamo che tu neppure abbia una vaga idea se il riscaldamento a induzione sia possa andar bene per te; o mettiamo che tu sia un fedele utilizzatore di questo sistema in vena di ottimizzare; o ancora mettiamo che ti serva un aggiornamento per essere a bolla con le richieste del mercato. Oppure – questo mi sento di suggerirtelo io – pensi che evitare un qualsiasi piccolo errore può metterti al riparo da disastri successivi più complicati da rimediare?

Dopo tante parole, ne concentro poche in un messaggio semplice: rivolgiti a me! Anche per una semplice, tranquilla chiacchierata senza alcun impegno. Basta una email o una telefonata, e saremo subito in contatto! Ti aspetto.

Condividi l'Articolo!:

Aggiungi il tuo Commento