Ott 11, 2018

Superficie senza irregolarità: ecco come ottenerla

Irregolarità macroscopiche sulla superficie? Che brutta notizia! Nella stragrande maggioranza dei casi, i pezzi cementati (vedi ad esempio gli ingranaggi per l’auto), temprati e distesi, sono messi in opera senza alcun trattamento di finitura superficiale.

E invece sappiamo perfettamente quant’è importante non solo che non ci siano bave di lavorazione, ma anche che le superfici risultino perfettamente perfettamente pulite. Sporco, ossidi, residui carboniosi non sono tollerabili, neppure in piccole tracce.

Diciamo che ora arriva una buona notizia: modificare caratteristiche quali resistenza alla corrosione, estetica, colorazione e resistenza all’usura, oltre a ottenere superfici pulite, è possibile.

Quando, si ha a che fare con semilavorati o manufatti in acciaio, la finitura superficiale è determinante: non risponde soltanto ad una (legittima) richiesta estetica, ma esalta le caratteristiche del materiale ottimizzandone il comportamento nei confronti di determinati ambienti corrosivi.

Sabbiatura o decappaggio meccanico

C’è un ottimo motivo per ripulire la superficie metallica di un manufatto da tutto ciò che è estraneo alla sua natura, chimicamente intesa. Nella superficie metallica devono riscontrarsi le caratteristiche di una buona base di ancoraggio per i rivestimenti protettivi.

Nella sabbiatura, un potente getto d’aria a pressione, contenente sabbia o sferette metalliche, abrade la superficie da lavorare ed elimina gli strati di ossidi superficiali residuati dalla lavorazione a caldo, sfruttando la fragilità dell’ossido rispetto alla tenacità del metallo.

Sulla superficie dei manufatti in acciaio possono infatti essere presenti diversi ossidi e sali, la ruggine e la calamina, oltre a tracce di vecchie pitturazioni ed altre sostanze estranee che pregiudicano l’efficacia del sistema protettivo poiché creano strati intermedi tra il metallo vero e proprio ed il film antiruggine, di scarsissima stabilità ed aderenza.

Gli impianti attraverso i quali si compie l’operazione sono in grado di indirizzare il getto d’acqua in un punto preciso del metallo, al fine di ottenere un risultato perfettamente uniforme. Tutti i pezzi, salvo quelli trattati integralmente sotto vuoto o in atmosfere protettive, devono esser sabbiati con graniglia metallica generalmente costituita da sferette di acciaio temprato e rinvenuto alla durezza di 45÷50 HRC e del diametro di circa 0,6 mm.

Detta anche decapaggio meccanico, la sabbiatura è il metodo più valido di preparazione delle superfici di acciaio prima della pitturazione o dell’applicazione di uno strato protettivo contro la corrosione.

Esistono due metodi per effettuare questo trattamento, a secco (di gran lunga il più utilizzato) e per via umida:

  • sabbiatura a secco
    presso il luogo di montaggio della struttura metallica, si possono attuare due tipologie fondamentali di sabbiatura a secco:

    • convenzionale o a ciclo aperto: non si prevede alcun accorgimento per diminuire i pericoli comportanti la produzione di polvere né per il recupero del materiale abrasivo.
    • ad aspirazione o a ciclo chiuso: si prevede sia l’abbattimento della polvere sia il recupero del materiale abrasivo esaurito.
  • sabbiatura per via umida
    nella corrente abrasiva viene introdotta dell’acqua o una soluzione di acqua e di inibitore della corrosione. L’acqua può essere mescolata alle sostanze abrasive sia nel serbatoio a pressione che nella coerente in corrispondenza dell’ugello soffiatore. Il vantaggio consiste nel ridurre al minimo la produzione di polvere, pertanto è consigliato quando non è possibile eseguire l’intervento in luogo aperto o in una cabina di sabbiatura. Sfortunatamente, il metodo non è adatto a tutte le casistiche: ad esempio, nelle strutture metalliche con molti recessi formati dalle travi orizzontali e dai profilati con cavità rivolte verso l’alto, le operazioni di pulizia per via umida sono difficili, perché è molto laborioso asportare la sabbia bagnata e gli altri residui del processo, per la cui rimozione, è necessario procedere al lavaggio, la spazzolatura o il soffio con aria compressa. Inoltre, la presenza di acqua favorisce la formazione della ruggine e determina lentezza nei lavori perché riduce il potere abrasivo del materiale utilizzato, aumentando tempo e costi di realizzazione.Di norma il procedimento più usato è quello a secco.Quando si parla di grado di sabbiatura, ci si si riferisce alla percentuale di scaglie di laminazione, ruggine, vecchie pitture, ecc. da asportare durante il processo di sabbiatura.

    I gradi sono determinati come segue:

    • sabbiatura a metallo bianco: consiste nella completa asportazione di tutti i prodotti della corrosione, di tutte le scaglie di laminazione, di tutte le tracce di vecchie pitture e in generale di tutte le impurità della superficie metallica. Dal processo si ottiene una superficie di color grigio bianco metallico di aspetto uniforme,con una ruvidità tale da consentire un perfetto ancoraggio degli strati di pittura da applicare successivamente.
    • sabbiatura al metallo quasi bianco: l’asportazione delle impurità della superficie metallica (calamina, ruggine, sporcizia, vecchia pittura, ecc.) è totale, ad esclusione di leggerissime ombreggiature, venature molto leggere o leggeri scolorimenti leggeri dovuti a macchie di ruggine, ossidi di calamina oppure leggeri residui aderenti di pitture o rivestimenti protettivi.
    • sabbiatura commerciale: di solito, impone praticamente l’asportazione di tutta la ruggine, della calamina e delle altre materie estranee sulla superficie del metallo. Buona ma non perfetta, garantisce, pur mancando l’uniformità sia per quanto concerne il grado di pulizia sia per quanto riguarda l’aspetto, una ruvidità adatta ad una salda adesione ai successivi strati di pittura. L’aspetto finale del metallo è grigiastro.
    • sabbiatura grossolana (o di spazzolatura): le scaglie libere di ruggine, di laminazione e di pittura, vengono rimosse, ma restano sulla superficie quelle ben aderenti e tali che la superficie sabbiata possa offrire una buona aderenza e giunzione alla pittura.

Pallinatura o shoot peening

Le superfici uniformi, non direzionali, a bassa riflettività, ottenute tramire pallinatura, o shoot peening, offrono un piacevole contrasto con le superfici molto lucide. L’operazione consiste nel martellamento superficiale a freddo mediante un violento getto di pallini sferici, oppure di cilindretti ottenuti tagliando un filo (chiamati cut-wire).

Le macchine pallinatrici, protagoniste di questa lavorazione meccanica a freddo, proiettano il getto verso i pezzi da lavorare tramite una o più giranti centrifughe in rapida rotazione oppure tramite aria compressa, in ogni caso i materiali utilizzati per la graniglia possono essere ghisa, acciaio, vetro e, più raramente, ceramica.

I DIVERSI materiali usati per effettuare la pallinatura:

  • graniglia di acciaio inossidabile;
  • grani di ceramica, ossidi di alluminio;
  • Frammenti di gusci di noce e di vetro,

contribuiscono ad ampliare la gamma delle finiture superficiali ottenibili.

I pezzi che si possono sottoporre alla pallinatura sono prevalentemente organi metallici quali ad esempio molle o bielle, ma anche altri pezzi in bronzo, ottone, titanio, alluminio e varie leghe; tuttavia il campo dove la pallinatura riveste un ruolo principale è sicuramente quello aerospaziale e automobilistico.

Il processo deve essere eseguito rigorosamente, secondo le prescrizioni della norma UNI 5394 (1972): “Pallinatura per miglioramento della resistenza fatica su organi meccanici di acciaio”, controllando tutti questi parametri:

  • uniformità e integrità delle sferette;
  • intensità degli urti;
  • copertura di tutte le superfici significative…

Se per le modalità di esecuzione la pallinatura somiglia alla sabbiatura, per lo scopo è più vicina alla rullatura, attiva sulla plasticità più che sull’abrasione. Il suo getto induce una deformazione plastica che si propaga fino ad alcuni decimi di millimetro nel materiale, migliorando la distribuzione superficiale delle tensioni residue e incrementando la resistenza a fatica del pezzo.

L’effetto finale della pallinatura dipende dalla durezza, dalla dimensione dei pallini, dalla portata, dalla velocità e dall’angolo di impatto del getto, dalla distanza del pezzo dal getto e dall’intensità. Alla fine del trattamento, a causa delle microcavità che si generano e che si sovrappongono l’una con l’altra, si ha come effetto secondario una specie di satinatura, ovvero un affievolimento della quantità di luce riflessa sul materiale, ovvero una specie di satinatura.

Raddrizzatura

Spesso richiesta per eliminare inevitabili distorsioni, la raddrizzatura generalmente si effettua sotto pressa, appoggiando i pezzi su appositi supporti. Particolarmente indirizzata ad alcuni particolari carbocementati e temprati, soprattutto quelli molto lunghi rispetto alla sezione (tipicamente, gli alberi), è più facile e meno rischiosa se eseguita subito dopo la tempra e prima del rinvenimento.

Infatti è stato dimostrato che in questa operazione, il rischio di rottura è più alto durante la raddrizzatura dei pezzi temprati e distesi rispetto a quelli solo temprati. Anche la riposta elastica è diversa e pare più favorevole per i pezzi temprati.

Dopo la raddrizzatura, si effettua sempre il controllo dell’integrità dei pezzi, con esami non distruttivi, per individuare – soprattutto nelle zone critiche – eventuali cricche superficiali. , è assolutamente da evitare Per i pezzi carbocementati, temprati e distesi, è assolutamente da evitare la raddrizzatura tramite riscaldamento localizzato per punti, con fiamma ossiacetilenica. Il riscaldamento localizzato, quasi sempre incontrollato, ben tollerato nei pezzi bonificati o saldati, danneggia irreparabilmente lo strato cementato e temprato, sovente dando origine a precoci avarie in esercizio.

Come vere i maggiori benefici dal trattamento? Chiedi a SteelBetter!

Ogni manufatto d’acciaio residua, dal ciclo tecnologico cui è stato sottoposto nell’ultima fase produttiva, uno strato superficiale. È basilare tenere in considerazione le variazioni di rugosità che il trattamento può generare; quindi valutare con molta cura i parametri di processo, adeguarli a specifiche esigenze se ve ne sono, ed infine identificare le aree in cui eseguire il trattamento e quelle che, per necessità funzionali, devono essere protette.

Molto spesso, le superfici degli organi meccanici hanno finiture superficiali molto spinte. Si comincia, quindi, definendo con molta attenzione le zone del componente da trattare. La semplicità è solo apparente! Attrezzature e macchinari devono essere controllate e perfettamente in grado di svolgere il loro ruolo con precisione.

I maggiori benefici dal trattamento si ottengono solo ponendo la massima attenzione in tutte le fasi del processo, affidandolo quando possibile ad un esperto. La conoscenza del processo e l’esperienza dei casi affrontati non sono un optional se si punta ad un risultato ottimale. In Steelbetter scegliamo un approccio multidisciplinare nel quale si fondono competenze metallurgiche, competenze di design per le condizioni di carico e ovviamente competenze specifiche del processo.

Nel rispetto dei vincoli progettuali e tecnologici si definiscono le caratteristiche principali di un trattamento ottimizzato, diretto a un oggetto che viene minuziosamente conosciuto nelle dimensioni, nella geometria, nella peculiarità del materiale, sempre tenendo ben chiara l’importanza di ogni fase del trattamento.

Se credi che confrontarti con un esperto possa fare la differenza, non hai che da scrivermi o telefonarmi. Sono assolutamente pronto e disponibile a rispondere, senza alcun impegno, a domande e dubbi.

Chiaramente la scelta rimane a te, ma possiamo chiarirci le idee -soprattutto per qunato riguarda tempi e costi – in una bella chiacchierata. Ti aspetto!

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