Nel più ampio e generico dei significati, la saldatura è il processo che mediante apporto di calore unisce tra loro parti di materiali diversi.
Il collegamento permanente garantito dalla saldatura è diverso da ogni altro (ottenuto ad esempio con chiodatura o incollatura) perché realizza proprio la “continuità” del materiale.
Vale per molti materiali, non esclusi plastica e vetro, ma la saldatura risulta particolarmente interessante nel settore dei metalli, come mezzo per raggiungere la compenetrazione dei due lembi metalli e la loro unione.
Con il procedimento della saldatura si ottengono strutture monolitiche, nelle quali in presenza dei giunti non si ritrovano discontinuità di caratteristiche.
Si tratta di una particolarità fondamentale in almeno due casi:
Ecco spiegati brevemente i motivi che rendono la saldatura molto popolare in un gran numero di applicazioni:
Come funziona questo procedimento? Per scoprirlo, stavolta tocca fare qualche bel passo all’indietro.
I primi procedimenti di saldatura con caratteristiche omogenee e riproducibili compaiono con il debutto del XX secolo, e precisamente nel 1901 con la saldatura ossiacetilenica.
Però l’esigenza di unire parti metalliche era tutt’altro che nuova, tanto che fin dal Medio Evo si univano parti in ferro riscaldandole al calor giallo-bianco sulla forgia e successivamente martellandole fino a renderle omogenee.
Anche nella saldatura ossiacetilenica le parti vengono unite per fusione dei lembi. L’energia necessaria alla fusione è fornita dalla combustione di un gas (nel caso specifico acetilene) con ossigeno puro. A temperature superiori a quelle di fusione del ferro la martellatura risulta superflua, a tutto vantaggio di semplicità e ripetibilità.
Dopo l’ingresso sul mercato di generatori elettrici in grado di generare un arco di potenza sufficiente alla fusione del ferro, nasce il procedimento a elettrodo non protetto, poi superato da quello a elettrodo rivestito, ancor oggi molto diffuso.
Inoltre, in ambito industriale, per produzioni di grande serie, si ricorre fin dall’anno della messa a punto (1925) al procedimento di saldatura a resistenza.
Nel corso della seconda guerra mondiale, l’esigenza di produrre giunti saldati di buona qualità con una produttività superiore a quella dell’elettrodo rivestito, inaugura negli Stati Uniti lo studio dei procedimenti a filo continuo, e in particolare dell’arco sommerso.
Gli anni Cinquanta vedono invece nascere i procedimenti MIG e MAG – con produttività confrontabile a quella dell’arco sommerso, ma con più spiccata flessibilità di impiego – e in parallelo il TIG – atto alla lavorazione continua, non consentita dall’elettrodo rivestito, e al controllo molto preciso delle caratteristiche della saldatura.
Negli anni Settanta arrivano i procedimenti electron beam e laser, che con l’energia concentrata permettono di limitare la zona di materiale modificata dalla saldatura.
Ed è attualmente allo studio la saldatura per diffusione: il materiale da saldare non si porta a fusione, ma si sottopone a pressione a una temperatura sufficientemente elevata perché gli atomi del reticolo cristallino diffondano attraverso la superficie di separazione dei pezzi, realizzando giunti a temperature relativamente basse.
Come si arriva all’unione fisico-chimica di due giunti metallici? Prima di tutto, scaldando. Vorrei ripercorrer le tappe che accomunano ogni saldatura, anche se è chiaro che ogni diverso procedimento prevede macchinari e percorsi specifici.
Per saldare due parti bisogna anzitutto preparare i due lembi del futuro giunto mediante quella che si definisce cianfrinatura. Il giunto viene scaldato (a diverse temperature a seconda del processo) fino a fondere.
Il calore necessario all’attuazione del processo può essere ottenuto in diversi modi, con:
A questo punto si procede, utilizzando o il materiale stesso di cui sono fatti i due lembi o utilizzando del metallo d’apporto. Per ognuna delle due vie esiste una esatta denominazione:
Comunque, per sollecitare la memoria e per una trattazione abbastanza ampia, suggerisco un piccolo ripasso dei vari procedimenti:
Denominazione italiana | Denominazione AWS | Sigla | ISO 4063 |
Ossiacetilenica | Oxyfuel Gas Welding | OFW | 311 |
Elettrodo rivestito | Shielded Metal Arc Welding | SMAW | 111 |
Arco sommerso | Submerged Arc Welding | SAW | 121 |
MIG/MAG | Gas Metal Arc Welding | GMAW | 131/135 |
TIG | Gas Tungsten Arc Welding | GTAW | 141 |
Saldatura a plasma | Plasma Arc Welding | PAW | 15 |
Elettroscoria | Electroslag Welding | ESW | 72 |
Elettrogas | Electroslag Welding | EGW | 73 |
Saldatura laser | Laser Beam welding | LBW | 52 |
Saldatura a fascio elettronico | Electron Beam Welding | EBW | 51 |
Saldatura a resistenza | Resistance Welding | RW | 21 |
Saldatura per attrito | Friction Stir Welding | FSW | 42 |
Cosa bisogna cercare? Come deve essere una saldatura perfetta?
Come se fosse facile! Bisogna prima di tutto assicurarsi che la zona di fusione sia protetta da fenomeni di ossidazione e il metallo fuso sia depurato da scorie.
Per evitare l’ossidazione la saldatura deve avvenire quindi in atmosfera il più possibile priva di ossigeno (inerte): a tale scopo nella zona in prossimità della saldatura devono essere aggiunte sostanze che creino una “nube protettiva” nei pressi del bagno di fusione e che permettano l’espulsione delle scorie. Possono andare bene gas, borace, silicati e carbonati…
Nella saldatura ossiacetilenica si produce un’atmosfera riducente, mentre la saldatura ad arco viene effettuata nell’atmosfera prodotta dalla combustione del rivestimento dell’elettrodo o sotto flusso di gas.
Le variabili da tenere presenti sono diverse. Ad esempio, la posizione di lavoro. Nella stragrande maggioranza dei casi ci si trova ad operare in piano, una posizione che è anche una garanzia di riultato quasi a prescindere dai prodotti in uso.
Ma possono presentarsi invece situazioni, come ad esempio le tubazioni in opera, che richiedono assolutamente posizioni non piane, tecniche e materiali mirati.
Se hai anche solo un piccolo dubbio sulla strada da seguire, sono a tua disposizione. Posso esaminare insieme a te il “caso”, trasferendoti quell’informazione e quella documentazione che faranno della tua scelta l’opzione vincente. La storia si fa sempre sul campo, ma l’esperienza mi insegna che spesso la ‘teoria’ ci apre gli occhi…