Ago 20, 2018

Robusti, complessi, precisi. In una parola, sinterizzati

Nota fin dall’antichità, la sinterizzazione è un procedimento fisico-meccanico in cui si parte da materia prima sotto forma di miscele di polveri metalliche o non metalliche e si ottiene un pezzo, con forma e geometria definita .

Questa tecnica di produzione, chiamata anche metallurgia delle polveri o metalloceramica, rappresenta un’interessante alternativa alle tradizionali produzioni per fusione o stampaggio.

Ma più frequentemente, però, viene utilizzata – e da qualche decennio largamente utilizzata – nella produzione di componenti di forma complessa gli altri procedimenti non sono in grado di garantire la necessaria robustezza e qualità.

Olivetti pioniere della sinterizzazione: una bella storia italiana

La sinterizzazione o metallurgia delle polveri ha contribuito in modo importante all’eccellenza tecnologica e qualitativa di tanti prodotti realizzati dalla famosa azienda Olivetti, costituita a Ivrea (in provincia di Torino) nel 1908 come “prima fabbrica nazionale di macchine per scrivere”, e fin dagli inizi attentissima a tecnologia e innovazione, cura del design e visibilità internazionale, non meno che agli aspetti sociali del lavoro.

La Olivetti iniziò ad utilizzare la sinterizzazione verso la metà degli anni ’50, poco dopo la scoperta del procedimento. Alcuni pezzi destinati alla produzione delle macchine per ufficio richiedevano un livello di robustezza e di precisione che solo la sinterizzazione poteva garantire, ma le macchine e le attrezzature allora disponibili non erano adeguate alle esigenze produttive. La Olivetti sviluppò allora soluzioni proprie, non solo per la scelta delle polveri e per la realizzazione degli stampi, ma anche per la progettazione delle presse di formatura e per i forni di cottura.

Grazie a un centro di ricerca specializzato, collegato con i laboratori centrali della ricerca, i procedimenti di sinterizzazione sviluppati internamente dalla Olivetti vennero via via perfezionati fino a consentire la produzione di pezzi complessi così precisi e solidi da contribuire in modo importante alle qualità funzionali di macchine per scrivere e da calcolo, di telescriventi e fotocopiatrici.

In generale, i particolari prodotti in Olivetti avevano una lunghezza massima di circa 10 centimetri ed erano realizzati in polveri di acciaio e bronzo. A partire dagli anni ’70 – per la prima volta in Italia – si aggiunsero anche le produzioni di pezzi in alluminio. La tecnologia dei componenti sinterizzati trovava (e trova tuttora) interessanti impieghi nella produzione di tante parti meccaniche utilizzate in vari settori, dalla meccanica all’auto, dall’elettromeccanica all’informatica.

Al singolo pezzo sinterizzato si aggiungono anche vari cicli di lavorazione avanzata delle parti: operazioni di calibratura e ricompressione, saldatura elettrica a proiezione, lavorazioni all’utensile (foratura, tornitura, fresatura, …), trattamenti termici, sbavatura e sabbiatura, impregnazione con olio, trattamenti di protezione superficiale (come l’ossidazione a vapore), ecc. Inoltre, gran parte delle attrezzature necessarie al ciclo produttivo erano sviluppate e prodotte internamente.

Nel 1976, al simposio sulla metallurgia delle polveri tenuto a Chicago, i sinterizzati Olivetti ottennero il primo premio tra le aziende non statunitensi partecipanti al concorso indetto dalla MPIF (Metal Powder Industries Federation). Il riconoscimento fu assegnato a tre prodotti: la copiatrice Copia 405, la telescrivente TE 400 e il sistema di gestione A5. Negli anni ‘90, evolvendo il core business dell’Olivetti verso le telecomunicazioni, si ridusse significativamente  l’importanza strategica della componentistica industriale e in particolare dei sinterizzati.

Le tre diverse ‘vie’ della sinterizzazione

La sinterizzazione si fonda sulla lavorazione di speciali polveri metalliche, ottenibili con vari procedimenti :

  • meccanici (macinazione, frantumazione, polverizzazione ),
  • fisici (atomizzazione, decomposizione),
  • chimici (riduzione, ossidazione-carburazione ).

Si tratta di polveri metalliche di granulometria ben determinata ed elevata purezza. Molto ampia è la varietà delle polveri utilizzabili da quella di ferro, rame, stagno, piombo, nichel, a quelle di berillio, molibdeno, tungsteno e metalli preziosi, da preleghe di ottone, bronzo, alpacca, acciai al carbonio e inossidabili a miscele speciali quali quelle per materiali di attrito, spazzole elettriche, per collettori ed altro. Si possono anche usare materiali non fondibili come carburi, metalli refrattari ecc.

Mescolate con opportuni “leganti”, le polveri vanno ad assumere precise forme mediante un’operazione di compattamento in uno stampo, sotto pressioni molto elevate e con “cottura” in forni speciali a una temperatura inferiore a quella di fusione del componente principale.

Queste sono le nozioni di base, ma non si procede sempre nel medesimo modo, per precise ragioni da vedere nel dettaglio. In particolare, le strade percorribili sono tre: eccole!

Sinterizzazione termica
La polvere è pressata in uno stampo di forma opportunamente disegnata, spesso con l’aggiunta di leganti polimerici per tenere insieme l’oggetto una volta estratto. Il “verde” (il pressato crudo estratto dallo stampo) è poi trasferito in un forno in cui subisce un ciclo di de-binding o de-waxingdel legante polimerico e poi di vera e propria sinterizzazione ed eliminazione delle porosità. La forma dell’oggetto così ridimensionato appare simile a quella definitiva. I tempi di processo e le temperature sono correlate con le dimensioni e la natura del materiale trattato, ma possono durare da svariati minuti a giorni per temperature comprese tra i 400 e i 2000 °C.

Sinterizzazione termomeccanica
Riscaldamento e mantenimento della temperatura sono favoriti dal controllo della pressione meccanica dei sinterizzati. Un esempio di sinterizzazione termomeccanica è la HIP (Hot Isostatic Pressing, pressatura a caldo), eseguita in stampi progettati per comprimere in maniera omogenea il compatto di polveri mediante la pressione esercitata da un gas o un liquido. Tipicamente, la pressione si attesta su 20-50 Mpa, mentre la temperatura è tra i 600 e i 2100 °C..

Sinterizzazioni elettro-termica o elettro-termo-meccanica
Quando le polveri sono riscaldate più o meno indirettamente con l’ausilio di campi elettromagnetici ed in particolare di correnti elettriche, subentrano diversi fenomeni legati al comportamento dei materiali con il campo elettromagnetico. Negli ultimi anni  stanno prendendo sempre più piede grazie ai ridotti consumi energetici. Assorbono tutta l’energia richiesta dalla rete elettrica senza bruciare gas o idrocarburi per riscaldare un forno e portano la corrente efficientemente e limitatamente alla zona interessata, consistente perlopiù in uno stampo di grafite.

▲ Esistono infine nuove tecnologie che concentrano tutta l’energia elettromagnetica solo sulle polveri: sinterizzazione con laser (tecnologia statunitense detta Selective Laser Sintering o SLS); sinterizzazione con formazione di scintille e plasma (la giapponese Spark plasma sintering o SPS); fino agli estremi delle sinterizzazioni a singolo impulso come la sinterizzazione a scarica capacitiva (l’italiana Capacitor Discharge Sintering o CDS).

Dalle polveri al pezzo sinterizzato, segui il viaggio tappa per tappa

Le fasi in cui, principalmente, si articola la produzione di un pezzo sinterizzato, viste nel dettaglio sono:

  1. la costruzione dello stampo: in base al disegno di progetto del pezzo si costruisce con accurata lavorazione uno stampo in acciaio speciale, composto da matrice e punzone. Lo stampo viene montato su una pressa , cioè una macchina capace di spingere il punzone nella matrice con una forza elevata (decine di ton)
  2. la preparazione della miscela delle polveri: alla polvere base si addizionano cere lubrificanti ed eventuali altre aggiunte metalliche. Miscelando accuratamente il tutto si ottiene una polvere omogenea composto da granuli piccolissimi. Diversi elementi vengono così finemente ed omogeneamente mescolati, in modo che la loro concentrazione sia la più uniforme possibile.
  3. il caricamento dello stampo: la polvere dosata va riempire la matrice dello stampo .
  4. la pressatura e la compattazione: la miscela di polveri viene introdotta nello stampo. Dopo la chiusura, i vari elementi dello stampo (punzoni matrici, anime, altro) iniziano a muoversi reciprocamente al fine di addensare la polvere. L’operazione termina con la fase di estrazione, in cui lo stampo si apre, e con opportuni movimenti, il pezzo compattato (detto gergalmente “al verde”) viene delicatamente estratto. A questo punto, il componente ha raggiunto la densità specificata, e può essere manipolato ed inviato alle operazioni successive. L’operazione prende il nome di “compattazione a caldo” quando viene effettuata a temperature di circa 100-150 °C superiori a quella ambiente (riscaldando opportunamente gli elementi dello stampo e la polvere stessa).Rispetto alla compattazione convenzionale, il componente raggiunge densità più elevate mentre risultano incrementate tutte le proprietà meccaniche.
  5. la sinterizzazione: pressato e compattato, il pezzo viene immesso in un forno riscaldato in atmosfera controllata, con una temperatura elevata ma che non raggiunge mai quella di fusione delle polveri. Durante la permanenza nel forno, il pezzo compattato detto”al verde”, subisce un ciclo termico, composto da 3 fasi principali: a) riscaldamento (che può avvenire anche con soste intermedie) sino alla temperatura di sinterizzazione, che dipende ovviamente dal materiale che si sta trattando e dalle caratteristiche a cui si punta; b) permanenza per un determinato tempo alla temperatura di sinterizzazione, anche il questo caso il tempo di permanenza è una variabile che dipende dal materiale, ma è comunque meno influente della temperatura di permanenza; c) raffreddamento fino alla temperatura ambiente.
  6. la sbavatura – burattatura: l’operazione ha lo scopo di rimuovere eventuali bave o ribave rimaste dalle operazioni precedenti, esteticamente sgradevoli, ma anche ipoteticamente dannose per eventuali processi futuri.
  7. la calibratura: infatti il particolare, di cui si vuole aumentare la precisione, viene introdotto con forza in uno stampo simile a quelli che lo ha generato. Essendo il particolare poroso, è possibile applicargli appunto una “calibratura”, ovvero una variazione di volume negativa. I risultati principali sono: precisione anche dell’ordine dell’ IT6-IT5, superfici del componente estremamente lucide ed a bassa rugosità, correzione degli errori dimensionali, dovuti a processi precedenti. Difficilmente si possono correggere, invece, gli errori di posizione.
  8. la lavorazione meccanica: il particolare sinterizzato può subire tutte le lavorazioni di asportazione di materiale degli acciai convenzionali, torniture, fresature, filettature ecc. Alcune particolari lavorazioni, come la rullatura superficiale e la pallinatura hanno dato risultati sorprendenti in termini di aumento della resistenza a fatica su componenti (ingranaggi).
  9. i processi di giunzione: quando la forma del particolare non consente la sua realizzazione in un unico componente stampato, ma sono necessari procedimenti di giunzione, tra i più efficaci figurano: a) assemblaggio forzato (può avvenire anche con componenti di diversa natura es. acciaio lavorato e sinterizzato); b) unione in sinterizzazione o coosinterizzazione: i componenti da assemblare sono opportunamente posizionati ed accoppiati tra loro, prima della sinterizzazione; c) sinterobrasatura con l’aggiunta di additivi brasanti di varia forma e natura, più componenti sinterizza possono essere uniti sia durante sia dopo la sinterizzazione, con altri componenti sinterizzati o di natura differente; d) saldatura a proiezione ed ultrasuoni, sono le saldature più economiche e veloci, ed in molti casi le più efficaci. Altre saldature sono da considerarsi caso per caso.
  10. i rivestimenti superficiali: in generale si possono applicare a componenti sinterizzati gli stessi trattamenti superficiale dei componenti convenzionali, in particolare di particolare interesse ed applicazione troviamo: trattamenti galvanici, come zincature, cromatura. rivestimenti di nichel, zinco, e stagno.
  11. l’impregnazione in fluidi o oli: la porosità residua del componente è uno dei vantaggi indiscussi e al tempo stesso uno dei suoi più grandi punti deboli dei componenti sinterizzati. Se c’è ad esempio la necessità di realizzare un componente autolubrificante, la porosità può funzionare come serbatoio dell’olio lubrificante, e rilasciarlo in condizioni di utilizzo (bronzine autolubrificanti sinterizzate). Ma, al contrario, se per esempio abbiamo la necessità di rendere impermeabile e sigillato il componente, l’impregnazione avviene generalmente in resina che una volta polimerizzata, occupa, se è stata eseguita correttamente, tutti gli spazi lasciati vuoti dalla porosità all’interno del componente impedendo agli agenti esterni di penetrare nel componente.
  12. l’ossidazione del vapore – vaporizzazione: uno tra i trattamenti più utilizzati ed applicati ai componenti sinterizzati, consiste nel riscaldare il componente all’interno di un forno fino ad una temperatura compresa tra i 450-550 °C, per poi far lambire i pezzi da una corrente di vapore surriscaldato alla medesima temperatura dei pezzi da trattare. A questa temperatura il Ferro Fe, si lega con l’ossigeno O2 presente nel vapore, formano il tetrossido di ferro cioè Fe3O (magnetite), questo rivestimento ossido conferisce al componente diverse proprietà: a) formato ad una temperatura elevata, è un ossido stabile e dunque, a temperatura ambiente, è un ottimo protettivo contro la ruggine; b) penetra all’interno del pezzo, e cresce all’interno della porosità, chiudendola e rendendo il pezzo impermeabile specie ai gas; c) pur infragilendolo, conferisce al componente un sensibile aumento della resistenza meccanica; d) chiudendo le porosità, ed avendo una durezza più elevata di quella del metallo base, ne aumenta la resistenza ad usura con una aumentata superficie tribologica.
  13. i trattamenti termici: come sugli acciai convenzionali anche sugli acciai sinterizzati, compatibilmente con il tenore di carbonio e le percentuali di elementi di lega, è possibile eseguire trattamenti come tempra, carbo-cementazione, carbo-nitrurazione, tempra ad induzione, ecc. Particolari accorgimenti devono essere presi durante alcuni trattamenti, per effetto della porosità e compensare la maggior diffusione degli elementi presenti nell’atmosfera di protezione. Nei sinterizzati ad alta densità è possibile eseguire anche la saldatura per fusione o elettrica a resistenza (in qualche caso anche ad arco) e la brasatura come sulla lega di pezzo.

La sinterizzazione conviene? Vedi tutti i pro e tutti i contro

Estrema durezza della superficie di lavoro, precisione della forma, resistenza alle sollecitazioni, più la relativa economicità della produzione in serie sono le caratteristiche di un componente realizzato per sinterizzazione. Come già visto, erano realizzate tramite sinterizzazione le camme a profilo multiplo impiegate nelle calcolatrici meccaniche Olivetti prodotte negli anni 70, ed operanti fino a 15 cicli al secondo.

Nessun dubbio, quindi, che questa tecnologia porti a interessanti applicazioni, tra cui la produzione di filtri in materiali rigidi e di inserti in carburo di tungsteno cementato (metallo duro o widia) per il taglio dei metalli alle macchine utensili. Si costruiscono anche bielle, rotori per pompe a lobi, pulegge, ingranaggi e componenti per ammortizzatori.

Il processo, utilizzato per migliorare le “paste” delle superfici frenanti dei veicoli (ferodi), si dimostra anche il migliore quando si tratta di produrre conduttori elettrici sottoposti ad attrito quali le spazzole degli alternatori, i pantografi, e le aste di captazione filoviaria, composti di rame e grafite sinterizzati.

Nel campo dell’ingegneria chimica, il processo di sinterizzazione è sfruttato per la produzione di alcune membrane. In ingegneria elettronica la sinterizzazione è utilizzata per ottenere trasformatori con nuclei magnetici di ferriti a piccola isteresi magnetica, in maniera tale da ridurre le perdite nelle applicazioni ad alta frequenza.

Dalle pile, in particolare quelle al Ni-Cd, composte da piastre sinterizzate fino alle pastiglie di ossido di uranio dei reattori nucleari di potenza moderati ad acqua leggera, prodotte attraverso la sinterizzazione della polvere di ossido di uranio, le sinterizzazione è molto presente. Neppure il campo della gioielleria le è rimasto indifferente, e la impiega nella fattura di preziosi in oro, argento e platino.

È sensato, comunque, chiedersi sempre a proposito di una tecnologia, se sarebbe ok anche per noi. Va bene per tutti i pezzi e in tutte le occasioni? Visto che per chi fa il nostro lavoro scegliere alla cieca è vietatissimo, andiamo a ‘leggere’ la tecnologia con uno spirito un po’ critico, per vederla bene nelle sue luci ed ombre.

Comincio dai vantaggi, poiché il metodo della sinterizzazione ne offre davvero molti:

  • elevata produttività ( dalla pressa si possono ottenere ad esempio 20 pezzi al minuto ) ;
  • produzione di pezzi finiti con tolleranze ristrette , anche con profili complessi ;
  • utilizzazione di miscele di polveri di materiali che non possono essere lavorati per fusione ;
  • utilizzazione di miscele di polveri diverse ; metalliche e non metalliche ;
  • produzione di materiali con particolari caratteristiche ( porosità definita , proprietà autolubrificanti ecc ) ;
  • produzione di materiali durissimi come il metallo duro.

Di contro, la voce svantaggi mette in luce qualche considerevole limite:

  • costo elevato degli stampi e degli impianti ;
  • necessità di produzione in grande serie per ammortizzare i costi ;
  • i pezzi da produrre devono avere piccole dimensioni.

Se i pezzi sinterizzati sono da trattare, c’è SteelBetter!

Oggi, lo dico ancora, sono davvero tante le applicazioni dei pezzi sinterizzati, in tantissimi ambiti, anche se principalmente poi si ha a che fare con la meccanica nella più ampia accezione possibile, l’automotive, gli elettrodomestici .

Ci sono naturalmente materiali più e meno adatti alla sinterizzazione. Non aspettiamoci solo l’acciaio, anche se di acciaio poi parleremo, in senso operativo. Frequentemente usati si trovano :

  • bronzo (con stagno al 15%)
  • ottoni (con zinco al 20-30 %)
  • alluminio e leghe leggere
  • cupropiombo (rame, piombo, stagno, antimonio)
  • materiali duri per utensili (miscele di metalli e carburi metallici)
  • materiali ceramici per utensili (miscele di ossido di alluminio con carburi di vanadio, titanio e molibdeno)
  • materiali per mole diamantate (miscele di polvere di diamante dispersa in un matrice metallica a base ferro, bronzo od altri metalli)
  • materiali refrattari per resistenze e filamenti di lampade (polveri di tungsteno, di vanadio)

Su questi materiali si effettuano, compatibilmente con le loro caratteristiche, trattamenti superficiali e termici. Lo stesso vale per gli acciai sinterizzati. L’espansione della tecnologia dei sinterizzati in acciaio, spinta soprattutto dai significativi risparmi che garantisce, presuppone un sempre più frequente ricorso ai trattamenti termici, tanto massivi quanto superficiali di indurimento.

Compatibilmente con il tenore di carbonio e le percentuali di elementi di lega, è possibile eseguire sui pezzi in acciaio ottenuti da sinterizzazione tutti i trattamenti generalmente conosciuti. Vale a dire, si può procedere con la tempra, la tempra ad induzione, la carbocementazione, la nitrurazione nelle fasi liquida, gassosa e plasma e la tempra ad induzione, la carbonitrurazione.

Si deve aver cura di creare tutte le condizioni  che si richiedono per trattare i pezzi non da polvere, ma non basta. Ecco che serve un tecnico per non dimenticare quegli accorgimenti che ti possono portare al migliore dei risultati sperati. Allora: comincio a sottolineare come la natura porosa del sinterizzato ne renda più difficile il controllo. Per questa ragione noi siamo soliti compensare la maggior diffusione degli elementi presenti nell’atmosfera di protezione.

C’è poi lo spinoso tema della deformazione. Nessun trattamento deve indurre deformazioni oltre la tolleranza ammissibile per il pezzo in produzione. Il sinterizzato è un pezzo a dimensione finita, per cui il trattamento termico va effettuato in forni ad atmosfera controllata, con potenziala di C controllabile, od in bagni di sali. Siccome la sfiga ci vede benissimo, dobbiamo sempre mettere in conto le cause di deformazione insite nella morfologia del pezzo.

Esempi? Ce li ho, ce li ho! Pensa alla diversità di porosità nello stesso pezzo dovuto a sottosquadri o a masse molto diverse, o diversità fra un pezzo e l’altro dovute alla variazione di temperatura di sinterizzazione. Cause di deformazione possono legarsi anche al trattamento termico di indurimento (riscaldo o raffreddamento non uniforme nei forni a lotti, per esempio: i pezzi al centro della carica subiscono cicli termici diversi da quelli posti all’esterno).

C’è altro? Certo che ce n’è! Approfondire queste cose mi piace veramente molto. La complessità di certe questioni, e quindi delle scelte da prendere, è il  miglior argomento per far intendere qual è il valore di una consulenza che viene dalla competenza e da molti anni passati a fare proprio questo lavoro. Il mio è quello del trattamentista! E voglio essere per te, se tu decidessi di incontrarmi, il miglior interlocutore possibile.

Quindi, andiamo avanti cercando di non tralasciare nulla. Nel caso dei trattamenti di indurimento superficiale, come carburazione o nitrurazione, la diversità di porosità porta anche ad una penetrazione diversa degli elementi arricchenti con aumenti di volumi disuniformi. E ancora… se i pezzi non vengono caricati in strati unici, ma sovrapposti, i pezzi che “finiscono sotto” rischiano di esser deformati dal carico che li sovrasta.

Ce n’è abbastanza per non star tranquilli, vero? Oppure per mettersi nelle mani di un professionista così passa la paura. Intanto, in attesa di parlarti di persona (ti aspetto sempre: basta una telefonata o qualche riga di email) ti anticipo qualche indicazione su come ‘si dovrebbe’ operare con il trattamento termico dei sinterizzati. Va da sé che in SteelBetter facciamo esattamente quello che raccomandiamo.

Soffermiamoci sull’importanza del lotto unico. Siamo tutti d’accordo che è molto complicato andare a collegare cause ed effetti quando molte diverse anomalie (potrebbero non esserci, ma ci sono quasi sempre!) si sommano andando a fare cumulo. Lì il disastro è incombente, perché un tipo di deformazione, così come potrebbe compensarla (potrebbe, e non lo fa praticamente mai!), può accrescere l’altra. Orrore! La situazione sfugge di mano e ti trovi a gestire risultati non più statisticamente catalogabili.

Per non arrivare a questo punto bisogna partire bene, e cioè: fare in modo di effettuare il trattamento termico su sinterizzati organizzati in lotti omogenei. Chiamo “lotto”, la quantità di produzione realizzata dal sinterizzatore senza interruzioni e a condizioni inalterate: mantenendo le stesse polveri, la stessa pressa, stampo, lo stesso forno di sinterizzazione e la stessa pressa di coniatura.

È il modo migliore per poter far affidamento su una buona probabilità di omogeneità morfologica del lotto: è chiaro che la disuniformità di porosità in uno stesso stesso pezzo comporta deformazioni asimmetriche, che però non sono da attribuire ad “errori” in sede di trattamento termico.

Siamo comunque solo all’inizio, perché eventuali deformazioni che dovessero manifestarsi a trattamento termico effettuato, fra un pezzo e l’altro, sono con buona probabilità attribuibili a disuniformità del trattamento termico stesso… se vuoi saperne di più, ripeto il mio invito! Incontriamoci, io sono sempre qui a tua disposizione!

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