Messa così sembra soltanto una provocazione… invece, è una cosa che tutti sappiamo perfettamente bene, anche se raramente ci si esprime così. Dietro al metallo più utilizzato al mondo, c’è in realtà quella che correttamente si chiama lega. Una miscela, insomma.
Ed è sua la colpa, o meglio, è in suo onore che propongo queste riflessioni – perché è il ferro ad arrugginire. Compaiono poi, nella lega che tutti chiamiamo acciaio, poco carbonio e una serie di altri metalli. Alcuni vengono appositamente aggiunti per modificarne, migliorandole, le caratteristiche dell’acciaio.
Eccoli, nello schieramento completo:
Ce ne sono poi altri, impossibili da eliminare completamente nelle diverse fasi della produzione. Per questo indossano la “maglia nera” e mantengono a buon diritto il titolo ingrato e oneroso di “impurezze”:
Proprio all’inserimento di diversi altri metalli nella lega ferro-carbonio si deve la possibilità della produzione di numerose tipologie di acciai, caratterizzate dalle più diverse proprietà fisiche, chimiche e tecnologiche. Altrettanto vari, naturalmente, i settori di indirizzo: dalle costruzioni ai trasporti, al mondo dell’energia, dell’industria chimica e petrolchimica, meccanica e manifatturiera, senza dimenticare gli infiniti impieghi in ambito abitativo e domestico.
Già prima della metà del secolo XX, dalle pagine del quotidiano La Stampa di Torino il lettore apprendeva che “soltanto conoscendo l’intima struttura dei materiali il costruttore evita sorprese”. L’articolo, intitolato “Acciaio per tutti i gusti”, proseguiva citando “una branca della metallurgia” dedicata alla “struttura dei metalli”, perché di acciaio esiste “quello che resiste alla corrosione, quello che conserva la magnetizzazione ricevuta, che sopporta sbalzi di temperatura…”.
La lega ferro-carbonio chiamata acciaio arrugginisce e per proteggerla servono scrupolose sabbiature a superficie viva e satinata e pitture con pigmento zinco e fortemente impermeabili come l’epossidica bicomponente. Alcuni acciai legati al cromo (leghe da ternarie in su) non arrugginiscono perché l’ossidazione del grano riduce la sensibilità agli attacchi chimici e alcuni aumentano il loro potenziale elettrochimico rendendolo meno aggredibile dal punto di vista galvanico. Ma questi acciai non hanno molto in comune con la lega ferro-carbonio tipo C40, C60, facile preda della ruggine benché tenace e dura.
La ruggine consiste in un insieme complesso di ossidi, idrossidi ed ossidi idrati di ferro a diverso stato di ossidazione, spesso arricchiti con carbonati e carbonati basici, sempre di ferro. Queste sostanze si formano per azione dell’ossigeno dell’aria sulla superficie del ferro, con il contributo dell’acqua sotto forma di umidità atmosferica o della pioggia, talora dell’anidride carbonica anch’essa atmosferica.
A differenza delle alterazioni superficiali di altri tipi di materiali, la ruggine si stacca spontaneamente dalla superficie, si sbriciola e lascia esposta la parte “sana” del metallo sottostante, pronta per essere nuovamente aggredita dagli agenti esterni, fino al completo sbriciolamento del pezzo.
L’“ossidazione” (causa dell’arrugginimento) è un fenomeno elettrico, in cui le particelle sub-atomiche a carica elettrica negativa dette elettroni (le più piccole ed elementari immaginabili) migrano dalla periferia di un atomo di un certo elemento alla periferia di un atomo di un elemento diverso. L’atomo che perde elettroni (negativi) assume una carica più positiva, cioè “si ossida”; quello che li riceve “si riduce”, ed assume una carica più negativa.
Nel caso dell’arrugginimento del ferro, gli atomi che diventano positivi sono quelli del ferro, ed i loro elettroni passano all’ossigeno dell’aria (o a quello disciolto nell’acqua della pioggia e dell’umidità) che invece si riduce assumendo una carica più negativa.
In chimica l’ossidazione è la “perdita di elettroni” con aumento del Numero di ossidazione. Una sostanza perde elettroni (si ossida) a favore di un’altra vicina che li acquista (si riduce) in un processo combinato detto redox o ossido-riduzione. Il nome ossidazione fu inizialmente applicato alla reazione tra un metallo che si combina con l’ossigeno per dare il corrispondente ossido. Ma l’ossidazione avviene in diversi metalli ed altre sostanze: anche il calcio si ossida (chimicamente: Ca + O –> CaO) , eppure non si “corrode” visibilmente.
Il fenomeno dell’ossidazione è in genere seguito dalla corrosione, un processo chimico-fisico di degradazione parziale o totale di una sostanza a seguito di una reazione chimica o elettrochimica. In genere l’ossidazione, quando accompagnata da corrosione, ha effetti distruttivi: esempio tipico è l’ossidazione del ferro, che dà luogo alla ruggine. In questo caso, è evidente l’alternanza del fenomeno chimico seguito da quello fisico: prima si forma uno strato di ossido, che in seguito si fessura: entra altro ossigeno che forma altro ossido e così via.
Gli acciai inossidabili, o “inox”, sono leghe a base di ferro in cui alle tipiche proprietà meccaniche se ne uniscono altre peculiari di resistenza alla corrosione. Dalla tabella della Lukens Steel Company del 1946 apprendiamo, per esempio, che l’acciaio inox, se non resiste all’acido muriatico o all’acqua di mare, si mantiene tuttavia inalterato a contatto con l’acido solforico e altri 108 “elementi” tra cui diverse bevande (latte, birra, succo di frutta).
Cosa fa sì che l’acciaio inossidabile esprima una così alta resistenza alla corrosione? A scoprirlo, nel 1913, fu l’inglese Harry Brearly che a Sheffield cercava di risolvere un problema tecnico di corrosione delle canne di una carabina dell’esercito Britannico. Il cromo (presente nell’acciaio inox in tenore molto elevato, al 10,5%) a contatto con l’ossigeno si ossida immediatamente. Sottilissimo, dello spessore di qualche atomo, ma molto resistente, lo strato che si crea per effetto della reazione protegge il metallo sottostante dall’attacco degli agenti esterni.
Per le sue caratteristiche elettrochimiche, il cromo “passivizza” l’acciaio (la cosa si manifesta anche nella cromatura… le parti cromate non arrugginiscono, anche se basta un graffio a rovinarne la superficie). È il cromo ad ossidarsi al posto del ferro, formando oltretutto una “pellicola” impermeabile.
L’estrema versatilità degli acciai inox ha spinto ispirato decisioni come quella espressa in una nota interna della Breda datata 1945 in cui, attraverso un dettagliato studio di previsione sulla diffusione di manufatti di acciaio inossidabile nelle varie industrie (tessili, delle conserve alimentari, ferroviarie, chimiche), si arrivava a prevedere un grande incremento nel fatturato, modificando gli impianti o alcune fasi di lavorazione.
La parola ‘inox’ non descrive bene, per la verità, un materiale che invece è ossidabile, che può – essenzialmente grazie alla percentuale di cromo – passivarsi, ricoprendosi di uno strato protettivo di ossidi invisibile, di spessore pari a pochi strati atomici (3-5 10-7 mm). Più appropriata è la dizione anglosassone “stainless”, che indica la capacità di ossidarsi, ma non arrugginirsi, negli ambienti atmosferici e naturali.
Se si considerano, però, gli acciai pregiati inossidabili con una percentuale di Cr superiore al 10,5% non è possibile escludere a priori la formazione di ruggine, se sono stati trattati o lavorati in modo errato o se presentano difetti costruttivi.
Proprio come l’acciaio normale, gli acciai pregiati reagiscono con l’ossigeno e formano uno strato di ossido.
Nel caso dell’acciaio normale, l’ossigeno fa reazione con gli atomi di ferro presenti e forma una superficie porosa che consente il progredire della reazione fino al completo arrugginimento del pezzo.
Nel caso dell’acciaio pregiato inossidabile, l’ossigeno fa reazione con gli atomi di cromo dell’acciaio, presenti in una concentrazione relativamente alta, che formano uno spesso strato di ossido “passivo” che impedisce il progredire della reazione.
Quanto ai fenomeni corrosivi, possono presentarsi come segue:
Il formarsi della ruggine in acciai pregiati “inossidabili” può avere due spiegazioni:
– lo strato passivo non si è potuto formare
solo con un elevato grado di pulizia può evitare che ciò si verifichi: tutte le superfici lavorate devono essere pulite con cura da ogni residuo di lavorazione.
– lo strato passivo è stato distrutto
a questa eventualità possono far seguito diversi processi chimico-fisici di degradazione parziale o totale.
Quando un componente in acciaio inossidabile viene messo in opera possono formarsi sulla superficie macchie rossastre, i cosiddetti “punti di ruggine”, spesso accompagnati da una generale opacizzazione tendente al colore marrone della superficie del metallo, definita in inglese “tea staining”. Può essere il punto d’innesco di fenomeni corrosivi ben più pericolosi a livello strutturale, inoltre evidenzia l’errata scelta del tipo di inox/trattamento/disegno per quel determinato ambiente.
Per l’acciaio inossidabile, come per tutti gli altri metalli, l’innesco di un fenomeno corrosivo può dipendere tanto da fattori esterni quanto dal tipo di lega. Critici sono anche i trattamenti superficiali, in cui disattenzioni e leggerezze portano alla sottovalutazione dei rischi: non viene eseguito alcun test di passivazione sul materiale, né si considera il decapaggio dell’inox, sia localizzato o in vasca, chimico o elettrochimico.
In definitiva, purtroppo la risposta è sì. In determinate condizioni
– di ambiente esterne e di esercizio,
– di trattamento superficiale,
– di mancate accortezze in fase di progettazione o posa in opera
anche l’acciaio inossidabile è soggetto a diversi tipi di attacchi corrosivi.
Premesso che tra i principali ‘nemici’ dell’inox e dello strato di passivazione figura lo ione Cl- (quindi tutto ciò che è a base di cloro, vedi detergenti o che lo contenga, vedi aria salmastra), i principali fattori di danno e perdita dello strato di passivazione possono essere visti in una rapida carrellata:
Al di là della necessità di abbandonare convinzioni errate, colpevolmente superficiali e che potenzialmente conducono a situazioni disastrose, con materiale inadeguato o completamente danneggiato da gestire, non raccomanderò mai abbastanza il valore della consulenza e della prevenzione.
Una breve chiacchierata presso la nostra sede può esserti molto più utile della panoramica ad ampio raggio che ti ho proposto in queste righe, suggerendo continuamente le insidie che attendono chi non conosce perfettamente il materiale che ha per le mani e non può quindi avere idea di come trattarlo.
Se il primo intento era spiazzarti (l’acciaio non è un metallo!) concludo invitandoti a prenderti cura con SteelBetter del tuo ‘non metallo’… fallo subito, noi siamo a tua completa disposizione oggi, perché le sorprese non sono sempre gradite e soprattutto non sempre leggere per il portafogli!