Mag 08, 2017

Cos’è l’acciaio? Un po’ di storia e una definizione

L’acciaio è una lega di ferro e carbonio, suscettibile di molteplici impieghi industriali. Così il “Dizionario Garzanti Della Lingua Italiana” fotografa quello che ti è già familiare. Acciaio e industria, che gran binomio! Pensa che ogni anno si producono nel mondo circa 11 milioni di tonnellate di acciaio, il metallo in assoluto più utilizzato. E se sei uno che lo utilizza, io ho qualche buona dritta per te.

 

Conosci già tutto dell’acciaio?

Sai sicuramente molto, ma c’è da scommettere che non è abbastanza. Sapevi che il materiale di più semplice modellazione – così è conosciuto – è omogeneo, isotropo, resistente a trazione e a compressione? E sapevi che lo si deve alla capacità di resistenza meccanica, cioè la risposta del materiale strutturale alle sollecitazioni dei carichi?

In compenso, come tutti quelli che ci lavorano, sai per esperienza quanti problemi possono darti tanto il campo elastico quanto quello plastico del materiale che in teoria è “facile da modellare”. Ma siccome ogni problema ha una sua storia, approfondiscila qui, per scoprire alla fine con me che ogni problema… ha anche una sua soluzione!

Ma da dove arriva l’acciaio? C’era una volta il ferro…

Un alto tenore di nichel nei reperti archeologici di età più antica dimostra come il primo ferro utilizzato sia stato quello presente nei meteoriti già nella preistoria, mentre le leghe di ferro – ferro malleabile, ghisa e acciaio – cominciarono ad apparire nel XII secolo a.C. in India, Anatolia e nel Caucaso. Il babilonese Sargon II, re di Ninive, possedeva un “ tesoro ferreo”, degli Egizi sono note le eccellenti prestazioni nella siderurgia..
Lame e coltelli, che certo non non raccontano il meglio dell’indole umana, erano già prodotti dagli antichi Etruschi con il ferro, indurito e reso acciaioso con il trattamento alla forgia. Una manifattura passata per eredità diretta ai Romani, che si servivano anche del prezioso “ferro sierico”, importato dal lontano Oriente e adatto a lavorazioni meno impegnative.

Nei luoghi ricchi di legname e di minerali di ferro facilmente riducibili l’arte siderurgica sì è naturalmente molto sviluppata: i minerali di ferro, per lo più previo lavaggio e arrostimento, erano fusi con carbone di legna in forni a fossa o a pozzo in creta, pietra di cava. Da questi forni a tiraggio naturale usciva una grossa massa di ferro o acciaio fucinabile, ma piena dii scorie, poi eliminate con ripetuti riscaldamenti e fucinature.
Al tiraggio naturale sono poi stati aggiunti i mantici, azionati nel Medioevo dalla forza idraulica. Alzando gradualmente le pareti, si arrivò al forno a tino, capace di produrre il “lingotto”, massa fucinabile come quelle ottenute con il tiraggio diretto, ma di dimensioni superiori al punto di richiedere l’energia idraulica anche per azionare i magli di fucinatura, visto che la forza muscolare del fabbro non bastava più.

Nel forno a tino, o altoforno, il ferro raggiungeva la temperatura di fusione e invece di esser ricavato in masse plastiche, colava allo stato liquido con un grosso contenuto di carbonio. Tramite l’affinazione, in cui gli elementi estranei presenti nella ghisa (carbonio in eccesso, silicio, manganese, ecc.) venivano bruciati mediante un fuoco di carbone di legna, si otteneva l’acciaio.
Risalgono al XIV secolo le prime tracce di produzione industriale della ghisa con altiforni e una delle sue prime applicazioni fu il getto di palle di cannone. Nel 1500, invece, la fusione in ghisa risulta molto estesa come un’importante branca dell’attività siderurgica con il getto di tubi, campane, griglie…

Per il ferro, parte rilevante dell’economia umana, il momento di trionfo arriva con la prima Rivoluzione Industriale, a metà del XVIII secolo, quando in Inghilterra si comincia a fare di tutto per migliorare le tecniche di produzione di ghisa e acciaio. Purtroppo, il progressivo calo delle disponibilità di legname, e quindi del carbone di legna, costringeva all’impiego di carbon fossile e coke negli altiforni.

Doveva poteva esser risolto il problema, se non nella ‘valle del ferro’? Il piccolo villaggio di Coalbrookdale, dell’Ironbridge nello Shropshire, è stato la “culla” dell’industria mineraria e metallurgica. Qui Abraham Darby II riuscì nel 1709 ad ottenere ghisa usando solo coke. Ma l’acciaio non doveva venire a contatto col carbone o con il coke per non assorbire lo zolfo che lo rendeva fragile a caldo. La capacità produttiva dei forni di affinazione era limitata e sarebbero serviti ancora alcuni decenni per sostituire il carbon fossile a quello di legna anche nella produzione dell’acciaio.

Nel rivoluzionario forno a puddellatura, inventato nel 1784 da Henry Cort, l’acciaio entrava in contatto esclusivamente con i prodotti della combustione molto ricchi di ossigeno. Il bagno, continuamente rimescolato (to puddle significa appunto ‘rimescolare’), era esposto con continuità ai gas riducenti. L’uso del carbon fossile nella produzione sia della ghisa sia dell’acciaio fece cadere ogni difficoltà legata all’approvvigionamento di combustibile.
La siderurgia era pronta a a volare altissima: e puntualmente lo fece, tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo. Un grosso aiuto venne anche dalla macchina a vapore, impiegata non solo per migliorare il tiraggio, ma anche per costruire macchine trasformatrici – come laminatoi e magli – in dimensioni molto maggiori e quindi con rendimento più elevato.
Si cominciò poi ad aumentare la durezza dell’acciaio riscaldando le aste o le rotaie in acciaio tenero in presenza di materiali contenenti carbonio. Era nata la cementazione: ottima perché faceva penetrare nell’acciaio il carbonio, ma imperfetta perché il carbonio restava ripartito in maniera disuniforme all’interno di ogni barra. Che fare? Si pensò di intervenire con la fucinatura, con cui si ottenne l’acciaio omogeneo.

Nel frattempo, la domanda di acciaio era tanto cresciuta da non poter essere più soddisfatta dal solo col processo di puddling, difficile da sostenere anche in termini economici. Ed ecco entrare in scena Benjamin Huntsman, siderurgista passato alla storia per aver inventato e brevettato nel 1855 un convertitore per trasformar la ghisa in acciaio. Fondendo acciaio di cementazione al crogiolo, per mezzo del calore intenso prodotto della combustione del coke con insufflaggio forzato di aria, si otteneva acciaio allo stato liquido.

Per la maggior parte, l’acciaio in circolazione ai nostri giorni è prodotto col processo Bessemer, o con il processo Martin-Siemens. Nel 1864 Pierre e Emile Martin e Carl Wilhelm Siemens fondevano la ghisa insieme a rottami di ferro (processo ghisa-rottame); più tardi si passò a fondere la ghisa con minerali di ferro, frequentemente con aggiunte di rottami di acciaio (processo ghisa-minerale). La fusione doveva avvenire in un forno di concezione speciale dotato di un focolare con recupero del calore, ideato da Friedrich Siemens.

Il 1913 è un anno di svolta per la storia del nostro materiale, e questa voglio raccontartela nei dettagli. Rieccoci in Inghilterra, a Sheffield. A breve distanza dallo scoppio della Grande Guerra, un produttore di armi leggere si era rivolto ai laboratori di ricerca Firth Brown per risolvere il problema dell’erosione che colpiva le canne dei fucili, a causa del calore e dell’attrito.

Ad accogliere la sua richiesta trovò Harry Brearley (1871-1948) nato a Sheffield, a sua volta figlio di un operaio impiegato nella lavorazione dell’acciaio. Dagli studi di metallurgia e grazie agli esperimenti con diverse leghe, Brearley sapeva che studiare le proprietà di un materiale significava “guardarci dentro”, e solitamente per farlo usava una miscela di acido nitrico in grado di rivelare la struttura granulare del campione in oggetto.

Le leghe ad alto contenuto di cromo erano tanto resistenti che Brearley dovette sperimentare le percentuali dei diversi costituenti, sottoponendole non solo al test dell’acido nitrico, ma anche a quello con succo di limone e aceto. quando Brearley mise insieme la sua ricetta: 12,8% cromo e 0,24% di carbonio. La nascita del primo acciaio inossidabile si fa risalire al 13 agosto 1913, quando Brearley mise insieme la sua ricetta: 12,8% cromo e 0,24% di carbonio.

La nuova lega fu soprannominata “rustless” steel, ovvero acciaio “senza ruggine”, e in seguito dopo “stainless” steel, vale a dire acciaio “immacolato” o più propriamente inossidabile. Il tempo avrebbe mostrato come le ragioni della resistenza di questo nuovo ritrovato alla corrosione andassero ricercate nella capacità del cromo di legarsi all’ossigeno e costituire così uno strato protettivo (un fenomeno noto come passivazione).

Tradizionalmente considerato il “padre dell’inox”, Brearley non è stato l’unico a cimentarsi con leghe resistenti alla corrosione, sia in Europa sia oltreoceano. Nella stessa Inghilterra, e quindi in Francia (che con il suo inoxydable avrebbe contribuito anche linguisticamente all’acciaio resistente alla corrosione), in Germania, in Polonia, negli Usa e in Svezia, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento si segnalano diversi tentativi di creare leghe super-resistenti, variando ora i livelli di cromo, carbonio ma anche tungsteno e nickel.

Acciaio, io conosco anche una storia diversa!

Se hai avuto la pazienza di leggere fin qui, il premio per te è… una nuova prospettiva. Proprio così: posso dirti qualcosa di diverso, e cioè che il materiale che fa compagnia all’uomo praticamente da sempre può essere conosciuto anche ripercorrendone le varie tipologie prodotti nel mondo nel corso dei secoli. Ecco un percorso più ‘schematico’:

  • Acciaio Wootz – 300 d.C.: primo tipo di acciaio dotato di una incredibile purezza e prodotto dal riscaldamento di ferro, carbone e vetro. La tecnica arrivò in Europa a partire dal XVII secolo ma solo nel secolo successivo fu possibile replicarne la fattura.
  • Acciaio Damasco – dopo l’anno 1000: acciaio divenuto mitico in Europa per le più elevate caratteristiche di resistenza e flessibilità rispetto all’acciaio Wootz. Durante le Crociate, fu impiegato principalmente per produrre spade utilizzate flessibili e con un filo durevolmente tagliente. La variazione di tenore di carbonio tra il filo e il centro conferiva all’arma il particolare disegno descritto dall’aggettivo ‘damascato’. La tecnica originale andò poi smarrita e nessuno in Europa riuscì a replicarla.
  • Acciaio a pacchetto – Rinascimento: un metodo di produzione lungo e costoso portava ad una struttura a strati alterni di ferro dolce e ghisa ripiegati su se stessi.
    Acciaio al crogiolo – 1740: Huntsman riscoperse la tecnica dell’acciaio al crogiolo, fondendo il ferro in speciali fornaci con successiva aggiunta di ghisa per ottenere il tenore di carbonio desiderato; successivamente l’acciaio veniva colato in lingotti.
  • Acciaio Bulat – inizi ‘800: inventato da P.P. Anosov, acciaio stratificato ottenuto raffreddando lentamente la massa fusa in modo da formare strati alternati di ferrite e cementite.

 

Caratteristiche, componenti, impieghi dell’acciaio: uno sguardo a 360°

L’acciaio è una lega molto diffusa e utilizzata in quanto possiede numerose proprietà, molte delle quali utili all’uomo nella produzione di strumenti, macchine, utensili ed oggetti , tra le quali:

  • Elevata resistenza meccanica sia alla trazione sia alla compressione.
  • Facilità di riduzione.
  • Possibilità di una saldatura precisa.
  • Limitato modulo elastico.
  • Limitato coefficiente di dilatazione lineare.
  • Malleabilità (nelle condizioni opportune).
  • Duttilità (nelle condizioni opportune).
  • Plasticità (nelle condizioni opportune).
  • Capacità di subire deformazioni permanenti per azione di forze di trazione
  • Compressione.
  • Temprabilità.
  • Durezza.
  • Finezza della grana cristallina

Nell’acciaio, lega di ferro e carbonio, il tenore del carbonio è compreso tra lo 0,05% e l’1,5%. Superato questo valore (talvolta può raggiungere il 6%) l’acciaio diventa ghisa. Oltre alle caratteristiche di base dell’acciaio, più o meno evidenti in base al tenore di carbonio e ferro, l‘aggiunta di singoli elementi in tenore più o meno forte può conferire particolari proprietà.

Vediamo uno per uno i singoli casi:

  • Manganese: facilita la tempra aumenta la durezza e la resistenza ad usura e rottura inoltre mantiene la saldabilità della lega;
  • Nichel: aumenta la temprabilità, la durezza e la resistenza a fatica e corrosione;
  • Rame: aumenta la resistenza alla corrosione;
  • Molibdeno: aumenta la temprabilità, la durezza e la resistenza a fatica, rottura e corrosione anche ad elevate temperature, conferisce inossidabilità e riduce il fenomeno dello scorrimento viscoso;
  • Tungsteno: conferisce un’elevata durezza e aumenta la resistenza alla rottura anche ad elevate temperature;
  • Alluminio: è impiegato nella produzione di acciai tramite nitrurazione (trattamento che utilizza azoto o un gas in grado di cedere quest’ultimo conferendo maggiore durezza superficiale e resistenza alla corrosione e all’usura);
  • Fosforo e zolfo: hanno solamente proprietà dannose per l’acciaio ma purtroppo non sono eliminabili;
  • Cromo: aumenta la temprabilità, la durezza e la resistenza a fatica e corrosione inoltre conferisce inossidabilità;
  • Silicio: accresce il campo di esistenza dell’austenite, diminuisce la deformabilità, esalta le caratteristiche magnetiche e aumenta il modulo elastico.

Altre proprietà si ottengono accomunando più elementi, come ad esempio:

  • Piombo, titanio, vanadio e cobalto: favoriscono la lavorabilità alle macchine utensili;
  • Titanio, cromo, alluminio, molibdeno e nichel: conferiscono un elevatissimo limite di snervamento e tenacità;
  • Vanadio, antimonio e stagno: utilizzata nella creazione di acciai patinabili (sotto le intemperie consentono la formazione di una patina resistente rendendo, però, impossibile la verniciatura).

 

L’impiego dell’acciaio in settori tanto vari e tanto numerosi

È una conseguenza diretta della versatilità del materiale, che è prodotto in molte gamme diverse tra loro e ben individuate rispetto alle applicazioni:

  • Acciai al manganese, dopo un appropriato trattamento superficiale, mostrano una forte tenacia ed una grande resistenza all’usura: in campo industriale vengono usati per la costruzione di macchine macinatrici di sostanze dure, ad esempio, mulini, frantoi, ed anche nell’industria dei cementi e nella fabbricazione delle rotaie, comunque di oggetti resistenti alll’usura;
  • Acciaio al silicio trova il suo impiego nell’industria elettrica, ad esempio nella costruzione di molle e di applicativi elettronici particolarmente delicati;
    nell’industria meccanica viene impiegato l’acciaio al cromo nella realizzazione, ad esempio, di cuscinetti a sfera;
  • Acciai al cromo-molibdeno, molto importanti perché possiedono resistenza alle alte temperature e, per questo, sono adoperati per la costruzione di pezzi d’artiglieria, soggetti a surriscaldamento, corazze e tubi;
  • Acciai al cromo-nichel, principali correttivi per la fabbricazione degli acciai inossidabili sono impiegati per la fabbricazione di ingranaggi, assi di trasmissione, piastre corazzate. Sono tipologie introdotte nell’industria in seguito alle ricerche di Brearley, che si accorse di come rispondessero ai requisiti di durezza, di resistenza all’ossidazione e possedessero proprietà meccaniche;
  • Acciaio rivestito da zinco o stagno è impiegato per la realizzazione di parti che devono essere difese dall’usura e dalla ruggine. Se rivestito al nichel ne trova il suo utilizzo nell’industria della conservazione dei cibi.

 

Come scegliere l’acciaio migliore: quattro punti essenziali

A comporre la lega acciaio ci sono l’alluminio, il bismuto, il boro, il piombo, il rame, il titanio e il carbonio, che come abbiamo visto incidono molto sulle proprietà meccaniche. Quando la percentuale supera il 2%, hai a che fare con una ghisa, al di sotto si ha l’acciaio vero e proprio. È risaputo che gli acciai dolci (tenore di carbonio non superiore all’1%) mostrano:

  • Elevata resistenza meccanica a trazione come a compressione;
  • Facile lavorabilità alle macchine utensili;
  • Buona malleabilità;
  • Duttilità ed un alto indice di resilienza (difficilmente subiscono rotture in seguito a un urto).

Una caratteristica fondamentale degli acciai è la lavorabilità a caldo, ossia solo nella fase liquida o pastosa.

 

La qualità dell’acciaio è la base per ottenere la massima efficacia e durata dei prodotti

Cosa c’è alla base della qualità? È proprio questo il tema a cui ho dedicato questo blog. Qui metto a tua disposizione contenuti che ti possono far viaggiare ‘in prima classe’ nel mondo dell’acciaio, quando si tratta, come in questo caso, di considerarlo come materiale da lavorare. Ma con lo stesso spirito mi occupo anche dei prodotto in acciaio, di tutelare con corrette informazioni te che li produci, e li porti su un mercato dove le regole sono durissime. 

Ecco perché ho pensato di far seguire la parola ‘better’ alla parola ‘steel’. Perché credo di poter dare un servizio migliore in quanto sempre riferito all’imprescindibile qualità, unità all’informazione più corretta e aggiornata possibile. Ho suscitato un po’ di curiosità? Trovi sempre qui me e tanti altri ‘appunti’ che possono servirti nella tua attività di ogni giorno.

E se hai altri dubbi o perplessità, sono a tua disposizione!

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